Il governo libico di unità del premier Dbeibah ottiene la fiducia e riaccende le speranze per una stabilizzazione del paese ma le sfide che dovrà affrontare, da qui al voto di dicembre, sono numerose.
Il governo libico di unità del premier Dbeibah ottiene la fiducia e riaccende le speranze per una stabilizzazione del paese ma le sfide che dovrà affrontare, da qui al voto di dicembre, sono numerose.
Settembre in Libia si è aperto con una serie di colpi di scena che avranno molteplici ricadute nei prossimi mesi. A fine agosto, infatti, il ministro degli Interni, il misuratino Fathi Bashagha, mentre si trovava in Turchia ha ricevuto la notizia di essere stato sollevato dal suo incarico.
Il premier libico e capo del Consiglio presidenziale, Fayez al-Serraj, si dimette. L’annuncio in un momento delicatissimo per i futuri equilibri del paese: “lascio a fine ottobre”.
In Libya, the first days of June seemed like years for the number of significant events that occurred. In about a week, the forces loyal to the Tripoli government (General National Accord or GNA) pushed back the Libyan National Army (LNA) and its allies, led by General Haftar and linked to the Tobruk House of Representatives. Except for Sirte, their military advance roughly rolls the clock back to early 2019, when Haftar’s forces had virtually no presence in the Tripoli area.
“Berlino chi?” potrebbe essere il perfetto riassunto della situazione odierna in Libia, che pare lontana anni luce da quella che avevamo lasciato alla vigilia della Conferenza nella capitale tedesca nel gennaio scorso. Quattro mesi di distanza che sembrano quattro decadi, e che hanno visto il mondo cambiare come raramente era accaduto nella storia recente in un così breve periodo di tempo. La Libia non ha fatto eccezione.
La Conferenza di Berlino è riuscita a riunire per la prima volta tutti gli attori, formali e informali, della crisi libica. Ma cosa rimane dell’incontro e, se la tregua sul terreno reggerà, quali saranno i prossimi passi da fare?
“Non pensare all’Elefante” è il celebre slogan usato dal professore di scienze cognitive George Lakoff per spiegare al pubblico come reagisce il cervello umano al linguaggio. Se anche ti dico di non pensare a qualcosa, solo il fatto che nomino quel qualcosa sarà infatti sufficiente perché tu inizi a pensarci. Se dovessimo trovare uno slogan equivalente nelle risoluzioni delle crisi internazionali odierne questo sarebbe probabilmente “Per questa crisi non può esserci una soluzione militare”.
A fine agosto si sono riaccese a Tripoli le violenze fra i diversi gruppi armati che si contendono il controllo del paese. In particolare, la Settima brigata di Tarhuna, un raggruppamento di milizie che già in passato ha provato a prendere la capitale, ha sferrato un attacco contro milizie rivali, fedeli al Governo di accordo nazionale (Gna) guidato da Fayez al-Sarraj. Gli scontri, che hanno registrato una settantina di vittime, si sono arrestati solo dopo che l'Onu era riuscita a raggiungere una tregua il 4 settembre.
Sono trascorsi ormai quasi sette anni dalla caduta del regime di Gheddafi, che ha fatto precipitare la situazione in Libia in una sorta di “caos organizzato”. Cambiano i leader, cambiano le alleanze, ma le istituzioni statali restano deboli, confinate a una piccola parte del territorio, talvolta sdoppiate tra est e ovest del paese, mentre le appartenenze sub-nazionali continuano ad avere la meglio sul processo di ricostruzione di una nuova legittimità e identità nazionale.
The “Libyan Political Agreement” (LPA) is the somehow controversial outcome of the month-long, United Nations-sponsored negotiations between various Libyan stakeholders in Skhirat, Morocco. It was signed on December 17, 2015 and endorsed by the United Nations Security Council a few days later. The LPA is the foundation of the current stabilization efforts led by UN Special Representative Ghassan Salamé, strongly supported by Italy, France, UK, the U.S. and many other nations.