Tra Israele e Arabia Saudita è nata una vera alleanza o ci troviamo di fronte a una convergenza tattica?
Quasi i palestinesi non si erano ancora mobilitati per le loro giornate della rabbia, che Bibi Netanyahu entrava all’Eliseo. Andava da Emmanuel Macron prima che a Bruxelles, a incontrare l’insieme degli europei preoccupati per la decisione di Donald Trump di spostare l’ambasciata a Gerusalemme. Da leader della Ue, perché questo si crede – e nessuno osa dirgli che non potrebbe perché in realtà lo è diventato – il presidente francese ha accolto l’israeliano con calore umano prima di rimproverarlo con durezza politica. È il comportamento di un leader.
Da Richard Nixon in poi, cinque presidenti avevano ufficialmente visitato Gerusalemme prima di lui e incontrato primi ministri, senza però riconoscere la città come capitale di Israele. Quella che Donald Trump ha definito “ipocrisia”, ordinando il trasloco dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, si chiama invece diplomazia. Lo sa anche lui ma ignorarlo temo sia il fulcro ideologico della sua opera distruttrice.
Uscita di scena. Così, tutto d'un tratto, come d'un tratto Gerusalemme era stata messa sul palcoscenico del conflitto israelo-palestinese. Nel giro di pochissimi giorni, di Gerusalemme non si parla più, perché l'asse del confronto è stato di nuovo dirottato verso Gaza. La nuova operazione militare israeliana sulla Striscia - con l'altissimo prezzo che la popolazione palestinese sta pagando in termini di vittime, feriti, distruzioni di abitazioni civili - ha concentrato ancora una volta il conflitto in uno scontro a due.
Dopo tre anni e mezzo trascorsi nei Territori Palestinesi con Oxfam Italia, abbiamo incontrato oggi Marco Ricci, ex studente del Master in Cooperation. La sua carriera nella cooperazione è iniziata con uno stage di tre mesi al temine del master e l’ha poi portato a essere nominato responsabile di progetto per coordinare le attività del programma di Oxfam dedicato alla sviluppo di produzioni artigianali, alimentari e formative nelle comunità beduine nei dintorni di Gerusalemme. (...)
Uno stage di tre mesi con Oxfam Italia nei Territori Palestinesi può rappresentare l’inizio di una carriera nella cooperazione internazionale, come testimonia Marco Ricci in questa intervista. Dopo aver frequentato il Master in Cooperation presso l’ISPI, Marco è partito per Gerusalemme.
Nel 2009 fu la parola speranza a declinare le tappe del viaggio di Barack Obama in Medio Oriente, il primo come presidente degli Stati Uniti. La sua elezione aveva suscitato grande curiosità nel mondo islamico e sull’onda di quell’entusiasmo la Casa Bianca si prefiggeva di trasformare il temporaneo reset emotivo in qualcosa di più duraturo. «Il mio lavoro con i paesi musulmani è spiegare che gli americani non sono loro nemici» dichiarò il neo-presidente in un’intervista ad Al Arabiya pochi giorni dopo la sua partenza.
Il Medio Oriente che Obama visiterà alla fine di marzo andando per la prima volta da presidente in Israele, in Palestina e in Giordania, è diverso da quello da lui affrontato con il suo programmatico discorso sull’Islam e sul conflitto palestinese all’Università del Cairo il 4 giugno 2009. La mano che aveva teso al mondo islamico non è stata accettata mentre l’anti americanismo è cresciuto specie in Egitto dove Obama aveva sostenuto la rivolta contro il regime di Mubarak.