La globalizzazione è destinata a cambiare in maniera significativa. La geopolitica, la domanda globale e i problemi logistici stanno minando i modelli di commercio internazionale che conosciamo. Quali sono le trasformazioni che impatteranno sul futuro di un mondo che sembrava connesso in maniera irreversibile?
L'evento si è tenuto in modalità Zoom webinar mercoledì 23 marzo alle ore 11:00.
Un paio di settimane fa sono stato invitato dal governo dell’Oman a partecipare a una conferenza per discutere come, entro un ventennio, quel paese del Golfo si libererà dalla dipendenza degli idrocarburi. Si tratta di riformare l’intera economia di un paese e non è facile: se non la bancarotta, prima di un eventuale successo, il governo che ci prova rischia il consenso popolare.
Per conto dell’Istituto di studi di politica internazionale, l’ISPI di Milano, ho partecipato a Delhi al secondo “India Think Tank Forum”, una specie di congresso internazionale dei centri studio che si occupano dell’India e del mondo. Il tema era “Potenziale e potere della partnership nazionale, regionale e globale”. Si è parlato di tante cose ma soprattutto dello stato della globalizzazione.
Con la caduta del Muro di Berlino tentazioni da “fine della storia” avevano attraversato non solo l’Europa ma il mondo intero. Giungeva al termine non solo la contrapposizione politico-ideologica est-ovest, ma anche quella economica tra il capitalismo di stampo occidentale e l’economia pianificata dei regimi comunisti. La perdurante inefficienza di quest’ultima aveva esacerbato e affrettato l’insostenibilità politica del modello comunista sovietico.
Cinquant’anni fa nasceva l’OUA, l’Organizzazione dell’Unità Africana, promessa e premessa del panafricanismo realizzato e strumento di resistenza al sistema bipolare. Era il 1963: l’Africa sanciva la propria unione sulla base del comune passato coloniale e della liberazione recente, in nome di un futuro in cui lo sviluppo economico e sociale era già percepito come chiave per la sopravvivenza degli stati nascenti.