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Usa 2016: la crisi di identità dei grandi partiti

Le elezioni del 2016 hanno costituito uno spartiacque per la storia politica recente degli Stati Uniti. La crisi finanziaria di nove anni fa ha innescato un processo di ridefinizione delle identità dei due grandi partiti, repubblicano e democratico, che perdura tutt’oggi con un impatto diretto sul sistema istituzionale. Da un lato, gli anni della presidenza di Barack Obama, al netto del dibattito sulla efficacia o meno delle misure adottate, hanno visto il recupero e il ritorno alla crescita economica degli Stati Uniti.

La politica estera di Trump: si scrive “America first” si legge “sacro egoismo”

Il discorso di ieri di Trump è stato il suo primo interamente dedicato alla politica estera e, non a caso, è stato ospitato dal Center for the National Interest. Trump si è concentrato su ciò che in tempi forse meno politically correct sarebbe stato definito 'sacro egoismo', e che oggi si presenta con un più attraente slogan come è 'America first'. Si parla, naturalmente, dell'interesse nazionale, una costante in verità onnipresente nella politica estera americana, che però non sempre è stata esplicitata e ricalcata come ha fatto ieri Trump.

La rinuncia di Joe Biden. Un messaggio dalle molte sfaccettature

Lo scenario politico che si sta delineando negli Stati Uniti in vista delle elezioni presidenziali del novembre del prossimo anno è ancora caratterizzato da molta incertezza, come dimostra la recente rinuncia alla nomination per il partito democratico di Joe Biden. Se da una parte è un’uscita di scena che rafforza la posizione di Hillary Clinton per il dopo-Obama dei democratici, dall’altra è anche un messaggio: un richiamo alla compattezza rispetto alle divisioni interne al partito che tuttora sussistono.

La questione cubana ridisegna la corsa alla Casa Bianca?

Cuba è storicamente per gli Stati Uniti fonte di grande attenzione strategica, economica e diplomatica. In primo luogo per motivi geografici, L’Avana – spesso suo malgrado – non ha mai davvero potuto sottrarsi allo sguardo interessato di Washington. E quando ha provato a farlo, la Casa Bianca non ha assistito passivamente: prima, nel 1903 a seguito dell’indipendenza, le ha imposto un protettorato; poi, all’inizio degli anni Sessanta poco dopo la revolución, le ha applicato un embargo commerciale che continua tutt’oggi.

Iran: la battaglia solitaria di Obama

L’esito dell’ennesimo round di negoziati iniziato a Vienna lo scorso 18 novembre tra il P5+1 e Teheran aprirà una nuova fase per il dossier nucleare iraniano. Negli Stati Uniti – il paese con maggior peso diplomatico coinvolto nelle trattative – la questione è sentita sia a destra che a sinistra dello spectrum politico nazionale. Memore delle parole del segretario di stato, John Kerry, per cui «no deal is better than a bad deal»(1), il presidente, Barack Obama, si è recentemente mostrato prudente sulle possibilità di siglare un compromesso.

Midterm elections. Una vittoria di Pirro per i repubblicani?

Osservando le proiezioni sulle prossime elezioni di midterm, si evince con relativa facilità come – a pochi giorni dal voto –  il Partito Repubblicano sia in una posizione di forza nei confronti del suo rivale Democratico. Oltre a mantenere il controllo della Camera dei rappresentanti, il ‘Grand Old Party’ (Gop, come viene comunemente definito) sembra godere di un vantaggio decisivo nella battaglia per il Senato.

People to Watch 2014 - John Boehner

Sarebbe sufficiente prendere in esame le poche settimane intercorse tra il blocco delle attività amministrative del governo statunitense (shutdown) nella prima metà di ottobre e il nuovo, rapido e conciliante accordo bipartisan sul budget federale di dicembre per comprendere come la non-strategia del Grand Old Party (Gop), i cui membri più “radicali” in ottobre avevano minacciato persino il default del paese, abbia imposto un energico cambio di rotta al partito in vista di un 2014 che chiamerà alle urne i cittadini americani per le elezioni di mid term.

Dem e Gop: cercasi leader disperatamente

Diceva bene Ian Bremmer, presidente di Eurasia Group, qualche giorno fa, a proposito della scelta di Obama di smettere di fumare, che ha trovato ampio spazio sui rotocalchi americani: «Looks like Obama picked the wrong presidency to give up smoking».

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