Per tentare di comprendere cosa stia accadendo lungo la sponda arabica del Golfo, occorre guardare, più che al summit dei capi di stato svoltosi il 10-11 dicembre in Kuwait, a ciò che è avvenuto prima e intorno alla riu-nione. Il tradizionale vertice dicembrino del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) si è infatti concluso con i soliti, vaghi impegni per il rafforzamento della cooperazione economica e finanziaria.
Sotto lo spettro di un ritorno alla guerra civile, oltre tre milioni di cittadini di 53 città e distretti municipali del Mozambico si sono recati alle urne il 20 novembre per il rinnovo dei sindaci e delle assemblee municipali.
Il 15 novembre scorso almeno 45 persone sono morte e più di 500 ferite in seguito agli scontri avvenuti nel quartiere Ghargour di Tripoli, quando uomini armati hanno aperto il fuoco contro un gruppo di manifestanti che chiedevano maggiore sicurezza nella capitale libica. Più precisamente, la manifestazione era stata indetta per chiedere l’evacuazione da Tripoli delle milizie al-Nusour, provenienti da Misurata e protagoniste di numerosi episodi di violenza.
Arrivare in Europa dall’Africa non è un’impresa semplice, né economica. I migranti sono costretti a percorrere rotte prefissate e ad affidarsi ai trafficanti di uomini che hanno i mezzi e le conoscenze per affrontare i tragitti in luoghi estremi come il deserto del Sahara.
Parlando dell’Africa subsahariana, una delle idee più comunemente diffuse nell’opinione pubblica occidentale è che essa sia il luogo naturale della guerra perpetua. Addirittura, alcuni importanti osservatori sostengono che la diffusione dei conflitti in Africa segua schemi pandemici. In effetti, se prendiamo in esame l’ultimo anno, subito si presentano i casi del Kivu, del Mali, della caccia a Joseph Kony, della Somalia o dei due Sudan.
Gli Stati Uniti di Barack Obama sono una democrazia; difficile definire esattamente cosa sia la Russia di Putin. L’America sta rimettendo in sesto la sua economia, i russi no. E comunque gli Stati Uniti restano il primo paese al mondo nelle startup, il primo nella produzione hi-tech, la prima industria manifatturiera e la prima agricoltura; la Russia produce solo energia, esporta armi (mai quanto gli Usa) e ha un immenso arsenale nucleare.
La campagna di Siria si preannuncia, per Hezbollah, complicatissima. Dopo che lo scorso 25 maggio il leader del partito-milizia, Hassan Nasrallah, ha pubblicamente confermato la presenza di combattenti sciiti libanesi al fianco delle forze di Bashar al Assad (insieme agli al-Quds iraniani del generale Qassim Suleimani), numerosi interrogativi si addensano intorno al ruolo del “Partito di Dio” nella guerra civile siriana.
Qualcuno l’ha definita il più costoso monumento di hybris imperiale dell’epoca contemporanea. E davvero l’enorme, smisurata ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad – pensata per essere il cuore pulsante della presenza americana nel paese dopo l’invasione del 2003 – testimonia della distanza fra le ambizioni statunitensi e quanto realizzato effettivamente.