Yemen’s divided Huthi movement is sending mixed signals to the US. After President Trump vetoed Congress’ bipartisan resolution to end Washington’s support for the Saudi-led coalition intervening in Yemen, Mohammed Abdelsalam, the spokesman and top negotiator of the Huthi movement, stated that this proves the Americans were also “behind the [Saudi] decision to go to war” in 2015. “Surely we are interested in having a good relationship with the United States.
Il 26 marzo prossimo, lo Yemen entrerà nel quarto anno di guerra: i morti hanno superato i 10 mila, mentre 22 milioni di yemeniti (su un totale di 27 milioni), necessitano di assistenza umanitaria. A dispetto delle tante bombe sganciate, l’Arabia Saudita è oggi meno influente in Yemen di quanto lo fosse prima dell’intervento militare iniziato nel 2015.
L’accordo Nazionale di Pace siglato lo scorso 21 settembre sta arginando, finora, la violenza a Sana’a, dopo gli oltre 200 morti e 400 feriti (secondo i dati del Ministero della Sanità) in soli quattro giorni di scontri fra huthi e milizie filo-governative. Il documento prevede la formazione di un governo tecnico, appoggiato anche dai ribelli sciiti zaiditi, incaricato di applicare le raccomandazioni stilate dalla Conferenza di Dialogo Nazionale.
Da alcune settimane, gli episodi di violenza lungo il perimetro geografico del regno saudita si stanno moltiplicando. Il 6 luglio, al-Qaida nella Penisola arabica (Aqap) ha rivendicato l’assalto armato e suicida al checkpoint militare saudita di al-Wadia, al confine con l’Hadramaut yemenita, costato la vita a una decina di persone, fra terroristi e forze di sicurezza.
Due eventi, uno certamente accaduto e l’altro in parte smentito, hanno scosso venerdì scorso lo Yemen. Abdul Karim Jebdan, parlamentare e delegato alla conferenza di Dialogo Nazionale, è stato ucciso a colpi di pistola nella capitale mentre, sulla sua auto, tornava a casa dopo essersi recato in moschea per la preghiera del venerdì. I due assassini, che hanno sparato da una motocicletta, non sono ancora stati identificati, se mai lo saranno.
I tre attacchi coordinati che lo scorso venerdì sono costati la vita a cinquantasei fra poliziotti e soldati yemeniti dimostrano – qualora ce ne fosse ancora bisogno – la capacità operativa di al-Qaeda nella Penisola arabica (AQAP). E gettano ulteriori ombre sull’efficacia della pluridecennale politica di securitization degli Stati Uniti nel paese. Perché proprio ad agosto, i droni di Washington hanno colpito lo Yemen con frequenza e intensità inaudite, uccidendo, tra gli altri, un leader locale di AQAP, Qaid Ahmad Nasser al-Dhahab.