Il 17 novembre di 150 anni fa veniva inaugurato il più lungo stretto artificiale del mondo, il Canale di Suez. Dalla sua costruzione il Canale ha avuto un’influenza decisiva negli affari regionali e globali, riportando il Mar Mediterraneo ad un ruolo strategico, affievolitosi con l’avvento degli scambi tra le due sponde dell’Atlantico e lo sviluppo dei porti del Nord Europa.
Quello della sanità rappresenta uno dei settori strategici per uno stato, ed è globalmente riconosciuto come uno degli assetti critici del sistema paese. Anche in ambito europeo i processi identificativi delle infrastrutture critiche pongono un’enfasi particolare sul ruolo svolto dalla filiera sanitaria.
L’energia elettrica è di fondamentale importanza per l’economia e la società, che dipendono dalla sua disponibilità; un’interruzione dell’alimentazione può infatti avere un impatto sulla fornitura di altri servizi (trasporto, finanza, comunicazioni, approvvigionamento idrico, sanità, etc.) quando la potenza di backup non sia disponibile o il tempo di ripristino dell’alimentazione superi l’autonomia di backup. Parliamo perciò di infrastrutture critiche.
Il sistema finanziario è un insieme complesso di rapporti di credito e debito di tipo dinamico e multi-relazionale che fornisce servizi essenziali per lo sviluppo sociale ed economico di un paese, sostiene la capacità produttiva e innovativa di molti settori merceologici ed è fortemente interconnesso con le infrastrutture di altri settori strategici, quali ad esempio le reti di telecomunicazioni, le infrastrutture digitali e le reti di distribuzione elettrica.
Mutuando dal noto saggio di Milan Kundera il termine di “insostenibile leggerezza” dell’essere, ci è più facile cogliere forse il paradosso dell’“insostenibile pesantezza”, ovvero complessità, delle infrastrutture spaziali.
“C’erano una volta le infrastrutture critiche nazionali informatizzate...” Questo potrebbe essere l'inizio di un racconto moderno, perché oggi sia il vincolo nazionale che la distinzione tra informatizzate e non informatizzate sono inutili: ogni infrastruttura critica è infatti basata sull'IT, o "digitale" come è ora più comunemente detto, e quasi nessuna infrastruttura critica è puramente nazionale.
Il 14 settembre 2019 uno spettacolare quanto misterioso attacco con droni colpisce il principale impianto petrolifero dell’Arabia Saudita causando timori per la produzione nazionale e per un rialzo dei prezzi del petrolio sui mercati internazionali. Era stata appena attaccata un’infrastruttura critica, parte di quel nucleo di infrastrutture essenziali per il mantenimento delle funzioni vitali della società, della sicurezza e del benessere economico dei cittadini.
Il 17 luglio 2019 New York è stata colpita da un blackout causato da un malfunzionamento nella stazione elettrica sulla West 49th Street che ha lasciato al buio per oltre quattro ore circa 70mila persone nella zona di Manhattan, concerto di Jennifer Lopez incluso. Disagi piuttosto contenuti se confrontati con il famoso blackout dell’agosto del 2003, il più grande nella storia americana, che coinvolse oltre 50 milioni di persone nel nordest degli Stati Uniti e del Canada provocando danni stimati per circa 50 miliardi di dollari.
Giovedì 19 settembre, a pochi giorni dal suo insediamento, il governo Conte bis si è occupato di un tema apparentemente marginale nel dibattito politico, ma di importanza strategica per gli interessi nazionali: la sicurezza delle infrastrutture di telecomunicazione e 5G. Il provvedimento istituisce un perimetro di sicurezza nazionale cibernetica in un quadro organico che riorganizza e potenzia i precedenti poteri di intervento del governo nel campo della sicurezza delle reti [1].
Con il Memorandum of Understanding (MoU) firmato a Roma nel marzo 2019, l’Italia è entrata a far parte della rosa dei partner della Cina nel progetto Belt and Road Initiative (BRI) - noto anche come "nuova via della seta" -, inaugurato dal Presidente cinese Xi Jinping nel settembre 2013.
Di colpo il riverbero è quasi accecante, ma socchiudendo gli occhi si vedono quasi a portata di braccia le coste della Spagna e la Rocca di Gibilterra. Siamo sulla banchina di Tanger Med, un gigantesco complesso industriale e portuale a 40 chilometri da Tangeri. File e file di utilitarie Renault brillano nel sole e aspettano di essere imbarcate. Davanti a noi uno dei tratti di mare più trafficato al mondo – ci passa il 20% del commercio marittimo globale – punto d’incontro tra Atlantico e Mediterraneo, tra Africa ed Europa.