Nella sua lunga e accidentata storia l’Afghanistan è stato raramente un paese prevedibile. Tuttavia, il prossimo futuro del paese sembra presentare un grado di imprevedibilità eccezionalmente alto. Il 2015 riceve infatti in eredità dal 2014 due novità cariche di conseguenze e povere di aspettative: il ritiro della missione Nato-Isaf e l’accordo elettorale fra il nuovo presidente Ghani e Adbullah.
Diversi fenomeni potrebbero far precipitare nuovamente il mondo in una crisi finanziaria per certi versi simile a quella del 2007-2008. Si tratta di eventi distinti, ciascuno dei quali è pericoloso in sé, ma che possono in qualche modo influenzarsi tra loro attraverso forme di contagio destabilizzanti. Il fenomeno su cui gli analisti si soffermano da più tempo sono le incertezze attorno all’operazione di rialzo dei tassi di interesse annunciata dagli Stati Uniti, giustificata dalla divergenza, in positivo, della loro congiuntura economica rispetto a quella negativa o non brillante di Europa, Giappone, Cina e di numerosi altri paesi emergenti. I mercati potrebbero non accettare con calma e lucidità la fine del periodo di espansione monetaria statunitense, le borse potrebbero risentirne violentemente, la liquidità e la solvibilità di numerosi intermediari, anche fuori dagli Stati Uniti, potrebbero peggiorare gravemente. Di fronte a questo rischio la FED ha dichiarato l’intenzione di usare “pazienza” nel correggere la sua politica monetaria e continua a rimandare il primo rialzo dei tassi, che tuttavia la Presidente Janet Yellen prevede avverrà “entro la fine del 2015”.
Abstract
Afghanistan faces a major milestone in 2014: the withdrawal of the ISAF (International Security Assistance Force) troops by the end of the year.
ISAF’s combat troops are scheduled to leave Afghan soil, ending a 13-year war against an unbeatable insurgency.
Abstract
This paper offers an assessment of the current situation in Afghanistan through the lens of the Taliban insurgency. As the ISAF presence decreases, the onus will shift to the Afghan National Security Forces (ANSF) to secure the country and continue the fight against the insurgents still battling the Afghan government. Moreover, because it is a key regional actor, the actions of Pakistan and its Inter-Services Intelligence (ISI) will be critical to the endgame of the conflict and future direction of Afghanistan.
Le imminenti elezioni presidenziali in Afghanistan rappresentano non solo una tappa fondamentale nella transizione politica e democratica del paese, ma allo stesso tempo uno snodo cruciale per chiarire se le dinamiche che hanno spinto gli Stati Uniti a intervenire militarmente nel 2001 sono ancora in essere o meno.
Pochi giorni fa, la stampa ha riportato alcune dichiarazioni del presidente uscente afgano, Hamid Karzai, che possono suggerire quale sarà il futuro del Paese degli aquiloni. Almeno in termini di posizionamento sullo scacchiere internazionale. «Spetterà al mio successore consolidare i rapporti con la Cina», ha detto Karzai intervistato da Xinhua, la principale agenzia stampa di Pechino.
Lo scorso 27 gennaio è stato diffuso il Rapporto 2013 del segretario generale della NATO, Rasmussen(1). Come già negli anni scorsi, il Rapporto ambisce a porsi come momento di sintesi del percorso compiuto dall’Alleanza Atlantica nei dodici mesi precedenti e, allo stesso tempo, come momento di riflessione intorno alle sfide che essa sarà chiamata ad affrontare in quelli a venire.
Il 2014 sarà necessariamente un anno di svolta per l’Afghanistan. Non solo per la ragione più ovvia, il ritiro delle truppe internazionali, ma soprattutto perché a partire dal 2014 si inizierà a intravedere il futuro del paese dopo il lungo intervento internazionale. Negli ultimi anni il dibattito internazionale sull’Afghanistan è stato dominato dalla ricerca della migliore strategia dell’intervento.