Scontri tra macedoni e albanesi a Skopje
A più di due anni dalla scomparsa di Muammar Gheddafi e dal completo rovesciamento del suo regime, la Libia sta vivendo il peggior periodo di crisi politica ed economica di questi ultimi mesi. L’autorità centrale sembra progressivamente disintegrarsi a causa delle divisioni politiche interne e del confuso quadro istituzionale. Il nuovo sistema parlamentare è andato via via perdendo legittimità agli occhi non solamente delle fazioni libiche, ma anche del comune cittadino che non ha percepito progressivi miglioramenti in termini economici e, soprattutto, di sicurezza.
L’Algeria ha fama di essere uno stato a governo “forte”. Eppure da mesi è come se fosse senza presidente. Il presidente in carica Abdelaziz Bouteflika, già sofferente da anni per un male non meglio identificato allo stomaco, ha avuto in aprile un insulto ischemico, che non avrebbe però leso organi vitali. È stato a lungo in cura in ospedali francesi. La prima immagine durante la convalescenza fu trasmessa in giugno per mettere a tacere i dubbi sulle sue condizioni reali. In luglio ha fatto ritorno ad Algeri.
Il fallimento dell’esperienza politica di Morsi affonda le proprie radici in una serie di fattori, difficilmente sottoponibili a qualche forma di gerarchia.
L’islamizzazione è fenomeno che attiene più alla sfera sociale di parte del paese che alla legislazione vera e propria (l’art 2. della Costituzione egiziana, che indica la sharia come fonte principale del diritto, è esattamente identico a quella della Costituzione mubarakiana).
Le prove d’Egitto (che se non risolte torneranno a essere piaghe).
La questione egiziana mette tutto il mondo di fronte ad alcune importanti prove dalla cui risposta dipenderà molto del nostro futuro, prima dell’Italia e poi dell’Europa.
La zona cuscinetto a terra di nessuno, dunque di tutti: la destituzione del presidente egiziano Mohamed Morsi sta accelerando il peggioramento delle condizioni di sicurezza nel Sinai, da mesi avvitatosi in un’escalation di violenza. Se l’intero Egitto pare essere entrato in una fase cupa e confusa – nella quale gli stessi attori politici e religiosi sembrano incapaci di soppesare le conseguenze profonde delle proprie azioni – esistono almeno tre ragioni di ancora maggiore inquietudine per la penisola.
«Speriamo che questo segni la fine del cosiddetto ‘Islam politico’», è il commento sugli eventi degli ultimi giorni in Egitto di un amico che vive al Cairo da molti anni e che, pur essendo un profondo conoscitore dell’Islam, ne ha sempre guardato con diffidenza le ambizioni politiche. Sono in molti a pensarlo, e ad auspicarlo.