L’attentato di Sousse, località turistica tra le più rinomate in Tunisia, non giunge purtroppo inaspettato. L’attacco contro il museo del Bardo dello scorso marzo, del resto, era un chiaro segnale di come il paese sia diventato uno degli obiettivi del terrorismo di matrice islamica, proprio a causa della sua storia di relativo successo rispetto ad altri contesti interessati delle rivolte del 2011.
Il nuovo video
L’Isis ha pubblicato, tramite la propria casa di produzione Al-Hayat Media, un nuovo filmato focalizzato specificatamente sui Balcani e con un chiaro e duplice obiettivo: scuotere i musulmani balcanici per spingerli a raggiungere lo “Stato Islamico”, oppure intraprendere la jihad nei propri paesi con lo scopo di rovesciare i governi dei “miscredenti”. Nessun riferimento invece al viaggio di Papa Francesco in Bosnia dello scorso 6 giugno.
L’arresto di Abdelmajid Touil, il cittadino marocchino accusato di aver preso parte all’attentato contro il Museo del Bardo dello scorso 18 marzo a Tunisi, porta con sé una serie di interrogativi e offre uno spunto per alcuni elementi di analisi. In prima battuta, la domanda che ci si pone con più insistenza riguarda la posizione dell’Italia nei confronti della minaccia jihadista: dopo l’arresto di martedì, siamo un Paese che si scopre più vulnerabile? La risposta è non più di prima.
L’ascesa di IS in un vasto territorio tra Siria e Iraq e la competizione innescatasi all’interno della galassia jihadista della vecchia al-Qaida sembrano attivare dinamiche di concorrenza/coesistenza che hanno conseguenze molto rischiose per un’intera area geopolitica affetta da un’instabilità che già costituiva un terreno fertile per la proliferazione di gruppi radicali. La minaccia, che sta assumendo sempre più connotazioni di territorialità, sembra coinvolgere in particolare un vasto spazio di prossimità – che va dai Balcani sino al Maghreb – di grande interesse per l’UE e l’Italia in particolare.
Nella prima parte il Rapporto analizza la natura di questa minaccia e la sua reale portata, osservando quelle aree geopolitiche di permeabilità alla stessa in relazione agli attori locali e agli interessi italiani. Nella seconda si approfondiscono le implicazioni per la nostra politica estera e di difesa e sicurezza in senso ampio, cercando di fornire alcuni spunti di policy nell’ottica dell’azione internazionale dell’Italia.
Social media, videos, online magazines, local radios, pamphlets and posters: ISIS has proven capable of adapting its communication strategy to strengthen its power locally, recruit new fighters or influence public opinion in Western and Arab nations. Not just images of war and summary executions but also constant propaganda to show that it controls its territory and is able to provide for its inhabitants’ needs.
This book analyzes the propaganda of the Islamic State, thanks to articles by researchers, communication experts and journalists. The purpose is to paint an exhaustive picture of the subject, combining meticulous examination of the historical and symbolic references in ISIS videos with careful analysis of editing and post-production techniques.
In addition, the book contains materials coming from the territories controlled by the so-called caliphate. These documents provide a better understanding of the internal propaganda of the Islamic State and the strategy it uses to create a narrative of the enemy serving its ideological designs.
Quest'analisi ripercorre la storia di lungo periodo dell’istituto califfale, mettendo in luce gli snodi problematici che hanno accompagnato la sua evoluzione, mostrando le profonde differenze rispetto all’attuale pretesa califfale di IS. Di particolare importanza è l’evidenza posta alla relazione tra obiettivi strategici e decisione nella prospettiva del califfato di questa organizzazione.
At this year's Security Conference in Munich, the European Union's High Representative Federica Mogherini named Ukraine and Libya as her top priorities. She explained, "In Libya there is the perfect mix ready to explode and in case it explodes, it will explode just at the gates of Europe. […] The combination of elements present there is extremely dangerous for us and for the security of the region"(1).
Social media, video, riviste digitali, radio locali, pamphlet e manifesti: Isis si è dimostrato capace di adattare la sua strategia di comunicazione per rafforzare il suo potere locale, reclutare nuovi combattenti o influenzare le opinioni pubbliche degli stati occidentali e arabi.
Non soltanto immagini di guerra ed esecuzioni sommarie, ma anche una propaganda costante per dimostrare di controllare il territorio ed essere in grado di provvedere ai bisogni dei cittadini.
Questo volume è il primo in Italia ad analizzare in maniera scientifica e interdisciplinare la propaganda dello Stato Islamico, grazie al contributo di ricercatori, esperti di comunicazione e giornalisti.
Lo scopo è di fornire un quadro esaustivo sul tema, combinando una puntuale disamina dei riferimenti storici e simbolici presenti nei video di Isis a un’attenta analisi delle tecniche di montaggio e post-produzione.
Infine, il volume presenta alcuni materiali provenienti dai territori controllati del sedicente califfato. Tali documenti consentono di comprendere meglio la propaganda interna allo Stato Islamico e la sua strategia per creare una narrazione del nemico che sia funzionale al proprio disegno ideologico.
Negli ultimi mesi la questione del jihadismo globale e le sue dinamiche sul nostro territorio sono tornate al centro del discorso nazionale con un’intensità paragonabile ai mesi successivi agli attacchi dell’11 settembre 2001.
L’avanzata dello Stato Islamico in Siria e Iraq, con il suo corollario di stragi e brutalità medievali, pare essersi estesa ora alla Libia, portando la minaccia pericolosamente vicina alle nostre coste. Al tempo stesso le autorità monitorano una scena jihadista autoctona ancora di dimensioni ridotte rispetto ad altri paesi europei, ma che comunque ha prodotto decine di foreign fighters e centinaia di simpatizzanti del jihad attenzionati come potenzialmente pericolosi.
Cosa fare davanti a questa crescente minaccia? L’Italia non è impreparata e possiede un’esperienza, conoscenze tecniche, personale e una struttura legislativa adeguata.
Ma è chiaro che la nuova minaccia impone dei cambiamenti. Il presente volume si pone come inizio di un dialogo costruttivo sulla materia. Sei tra i più noti esperti italiani in materia analizzano varie criticità del sistema antiterrorismo italiano, dagli aspetti operativi alla necessità d'introdurre politiche di de-radicalizzazione in linea con gli altri paesi europei, fornendo spunti importanti per un dibattito che ci accompagnerà negli anni a venire.
Lo Stato Islamico (IS) è solo l'ultimo dei gruppi terroristici presenti in Libia e nel Maghreb. Il panorama jihadista in Libia è molto ampio. Come riportato da un rapporto RAND, diverse reti salafo-jihadiste hanno eletto il paese a safe-haven fin dal 2012. Il periodo estremamente critico che la Libia sta attraversando ha cause profonde e origini lontane, che vanno da una debole identità nazionale libica alle eredità dalla guerra civile del 2011, che non si è esaurita con la caduta del regime di Gheddafi e la sua uccisione. Il paese è rapidamente scivolato verso il fallimento.
Nei giorni scorsi è stato diffuso dal sedicente Stato islamico (Is) il video della barbara esecuzione del pilota giordano Muath Kasasbeh, bruciato vivo da alcuni suoi miliziani. L’ennesima brutalità perpetrata da questo gruppo era già avvenuta con tutta probabilità lo scorso 3 gennaio, apparentemente come ritorsione contro i bombardamenti compiuti dall’aviazione giordana o forse più probabilmente come risposta alla riconquista di Kobane da parte dei miliziani curdi del Pyd.
La Repubblica Unita dello Yemen, che comprende l’isola di Socotra nell’Oceano Indiano e gli arcipelaghi di Perim e Kamaran sul Mar Rosso, è uno dei paesi più poveri del mondo. La sua posizione strategica nell’angolo meridionale della penisola arabica (2000 chilometri di costa e solo 25 chilometri di distanza via mare da Gibuti), ai confini con il Sultanato dell’Oman e con l’Arabia Saudita, ne costituisce la sua importanza da secoli.
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