La lunga fase di transizione della Libia, iniziata con la definitiva caduta del regime di Muammar Gheddafi e la sua uccisione per mano delle forze rivoluzionarie il 20 ottobre 2011, si sta manifestando molto complessa, irta d’ostacoli e dall’esito incerto.
Fra qualche ora o qualche giorno si saprà l’esito delle prime elezioni libere svoltesi in Libia.
Contro le raccomandazioni prudenziali di diversi analisti, in Libia si sono tenute il 7 luglio scorso le prime elezioni multipartitiche e democratiche dal lontano1952. Acontendersi i 200 seggi del parlamento sono stati 142 partiti politici e oltre 2.500 candidati individuali sulla base di un sistema misto, in parte proporzionale e in parte maggioritario.
La Libia non è la Somalia e l’ha dimostrato in queste elezioni, per certi versi dall’esito straordinario se si considera lo scarso grado di familiarità dei libici con la democrazia. Pensare a essa come al regno dell’anarchia alle porte di casa risulta molto difficile: troppi gli interessi (economici e di stabilità) delle grande potenze, dell’Europa e degli Stati Uniti, troppa la ricchezza potenziale del paese per non riuscire a far star bene una popolazione di circa sei milioni di abitanti.
Raramentela Libia è stata al centro della politica estera americana e molto spesso ciò è avvenuto soprattutto per dare un messaggio globale o quantomeno regionale, piuttosto che per preservare degli interessi specifici nel paese. Questa tendenza non è mutata nell’ultimo anno.
Oltre un anno dopo lo scoppio delle prime rivolte, la lunga fase di transizione della Primavera araba sembra non avere ancora esiti certi. I cambiamenti dell'area sollevano una serie di interrogativi sia sugli sviluppi politici interni ai singoli paesi - in primis Egitto e Libia, in considerazione delle elezioni - sia sulla ridefinizione degli equilibri e dei giochi regionali, dove la divisione tra sunniti e sciiti sembra acquisire sempre piu' rilevanza.
Oltre un anno dopo lo scoppio delle prime rivolte, la lunga fase di transizione della Primavera araba sembra non avere ancora esiti certi. I cambiamenti dell'area sollevano una serie di interrogativi sia sugli sviluppi politici interni ai singoli paesi - in primis Egitto e Libia, in considerazione delle elezioni - sia sulla ridefinizione degli equilibri e dei giochi regionali, dove la divisione tra sunniti e sciiti sembra acquisire sempre piu' rilevanza.
Oltre un anno dopo lo scoppio delle prime rivolte, la lunga fase di transizione della Primavera araba sembra non avere ancora esiti certi. I cambiamenti dell'area sollevano una serie di interrogativi sia sugli sviluppi politici interni ai singoli paesi - in primis Egitto e Libia, in considerazione delle elezioni - sia sulla ridefinizione degli equilibri e dei giochi regionali, dove la divisione tra sunniti e sciiti sembra acquisire sempre piu' rilevanza.
Su questi temi l'ISPI e la Fondazione Biblioteca di via Senato promuovono una serie di Tavole Rotonde.
In questi mesi è in corso un profondo ripensamento della politica estera italiana verso alcune aree e verso alcuni paesi. L’Italia, nella conduzione della propria politica estera, è spesso riuscita, nel corso di decenni, a conciliare due esigenze entrambe fondamentali: la necessità di buone relazioni con paesi per essa strategicamente rilevanti, come Libia, Iran, Russia, ma politicamente difficili per la sfera d’afferenza atlantica, e la piena appartenenza proprio al campo atlantico ed europeo dell’Italia.