Il prologo è noto: l’ex presidente brasiliano Luiz Ignacio Lula da Silva, del Partido dos Trabalhadores (PT), da tempo in testa a tutti i sondaggi in vista delle presidenziali di ottobre 2018, viene messo fuori gioco da una condanna per corruzione inflittagli dal giudice Sergio Moro, uomo simbolo dell’inchiesta Lava Jato (autolavaggio), e ad aprile dello scorso anno entra in carcere.
Commemorando lo scorso novembre il risultato positivo dell’asta di concessione dei blocchi petroliferi sottomarini ultraprofondi del pré-sal, il presidente Michel Temer ha twittato che “è stato un grande successo” e che “il Brasile è tornato in sella”. Tuttavia, al netto della retorica da social network, se si prendono i dati del bilancio pubblico brasiliano appare evidente che le cose non stiano proprio andando benissimo.
Quando il 2 ottobre 2009 il Comitato olimpico internazionale (Cio), riunito a Copenaghen, decise di assegnare al Brasile e alla città di Rio de Janeiro l’organizzazione dei Giochi olimpici del 2016, non immaginava certo che si sarebbe dovuto pentire di quella scelta. Quando quella decisione fu presa il Brasile era sulla cresta dell’onda e aveva già ottenuto un anno prima dalla Fifa il compito di ospitare la Coppa del mondo di calcio nel 2014.
L’Olimpiade mette a nudo una nazione perché, lo voglia o no il governo del paese ospitante, nelle due settimane in cui si svolge la principale kermesse planetaria dello sport, gli occhi del mondo sono puntati proprio lì. Se il paese in questione è in boom i giudizi degli oltre 30.000 giornalisti e 10.000 atleti previsti saranno positivi, altrimenti la “narrazione” sarà tutt’altro che “epica”, come desiderato da politici e organizzatori locali.
Sul finale agostano, poco dopo il termine della XXXI edizione dei Giochi Olimpici di Rio de Janeiro (5-21 agosto), il Senato brasiliano sarà chiamato a decidere sull’approvazione del procedimento di destituzione di Dilma Rousseff. Pochi giorni prima, più precisamente il 16 agosto, comincerà ufficialmente la campagna elettorale per le elezioni municipali del prossimo 2 ottobre. Due eventi distinti ma parimenti fondamentali per il futuro politico nazionale.
Secondo alcuni è una “herança maldita”. Un’eredità maledetta. Per altri è una “herança de progresso e avanços sociais”. L’eredità delle presidenze Luiz Inacio Lula da Silva (2003-2010) e Dilma Rousseff (2011-2016) avrà bisogno ancora di qualche anno per essere giudicata appieno, ma è già possibile tracciare un primo bilancio della situazione economica lasciata al Brasile dai governi del Partito dei lavoratori (Pt), il primo partito di sinistra ad andare al potere dopo la democratizzazione del 1985.
Niente manifestazioni, poche polemiche e un’insperata unità nazionale. Il Brasile vive settimane concitate ma, il clima politico è un po’ meno rovente di qualche mese fa.
Sia chiaro, è solo una tregua. Dettata più dall’opportunismo che dalla gentilhommière dei leader politici. Le Olimpiadi in programma a Rio de Janeiro sono un appuntamento di importanza capitale che accenderà i riflettori di tutto il mondo sul paese.
«Non è l’inizio della fine. È il principio della lotta». Dilma, la guerrigliera – anche se, come ha più volte sottolineato, al posto delle armi, contro la dittatura impiegava volantini e giornali –, la “Lady di ferro” del lulismo, non è disposta ad arretrare. Il sì della Camera al procedimento di impeachment nei suoi confronti, non ha fiaccato la resistenza della presidenta, pronta a giocare il tutto per tutto al Senato. Là, probabilmente ai primi di maggio, ci sarà il secondo esame sulla richiesta di messa in stato d’accusa.
Continua a perdere alleati la presidente del Brasile Dilma Rousseff, contro cui domenica 17 aprile la Camera potrebbe aprire un processo di impeachment. Dopo il Partito del movimento per la democrazia brasiliana (Pmdb), l’altro ieri hanno infatti annunciato l’abbandono dalla coalizione di governo del Partito progressista (Pp), del Partito repubblicano brasiliano (Prb) e il Partito social-democratico (Psd). In tutto 105 deputati che rischiano di essere decisivi per raggiungere i 342 voti necessari per mettere in stato d’accusa Dilma.
Nel luglio di quest´anno il Brasile ha celebrato i vent´anni dal varo del Plano real, il piano economico che ha creato l´attuale moneta – il real (R$). Non si é trattato di una semplice sostituzione di conio ma riguarda un gigantesco sforzo della società brasiliana per battere definitivamente l´inflazione e, allo stesso tempo, un radicale cambiamento della struttura economica del paese.
Il 2014 sarà un anno decisivo per capire il Brasile del futuro e non solo perché il 12 giugno iniziano i Mondiali di calcio e tutto il mondo avrà per un mese gli occhi puntati sul paese del samba. Il prossimo 5 ottobre, infatti, oltre 100 milioni di elettori dovranno decidere se a governare il Brasile continuerà Dilma Rousseff che, alla presidenza dal 1 gennaio 2011, si ricandida o se invece, dopo 12 anni di leadership del Pt - il Partito dei lavoratori - ci sarà un cambiamento politico.