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Medio Oriente

Monsieur Le Rais & Vladimir Arabskoy

Quasi i palestinesi non si erano ancora mobilitati per le loro giornate della rabbia, che Bibi Netanyahu entrava all’Eliseo. Andava da Emmanuel Macron prima che a Bruxelles, a incontrare l’insieme degli europei preoccupati per la decisione di Donald Trump di spostare l’ambasciata a Gerusalemme. Da leader della Ue, perché questo si crede – e nessuno osa dirgli che non potrebbe perché in realtà lo è diventato – il presidente francese ha accolto l’israeliano con calore umano prima di rimproverarlo con durezza politica. È il comportamento di un leader.

Putin in Medio Oriente: il sapore della vittoria

Anche se forse non ama gesti esplicitamente espansivi come l’abbraccio di riconoscenza di Bashar Assad a Sochi, Vladimir Putin sta gustando il dolce sapore della vittoria. In poco più di due anni, l’intervento diretto russo ha radicalmente cambiato la situazione sul campo e le carte sul tavolo del negoziato.

Disfatta ISIS e Foreign Fighters di ritorno: il caso italiano

Negli ultimi anni l’opinione pubblica mondiale è stata ripetutamente scossa dalla violenza e dalle immagini che hanno accompagnato mediaticamente la rapidissima ascesa ed espansione dell’autoproclamato Stato Islamico[1]. L’attenzione dell’intelligence e del mondo accademico è stata attirata soprattutto dal fenomeno dei foreign terrorist fighters (Ftf) coinvolti nel conflitto siro-iracheno, per le modalità di attivazione e sviluppo, nonché per la mobilitazione raggiunta in brevissimo tempo[2].

Arabia Saudita: grandi manovre in Medio Oriente

I recenti sviluppi diplomatici che hanno visto l’Arabia Saudita dialogare con importanti rappresentati politici a Gaza, in Iraq e in Russia sembrerebbero suggerire un certo grado di rinnovamento delle strategie saudite di politica estera. Guardando però più in profondità il senso di tali iniziative si nota come esse siano intrise di un forte carattere di anti-iranicità, confermando ancora una volta come il contenimento della minaccia persiana sia l’unico comune denominatore dell’agire mediorientale saudita.

Iraq: la competizione per le aree liberate

Negli ultimi due anni l’Iraq ha assistito a un arretramento inarrestabile dello Stato islamico (IS) dai territori occupati. Sempre più deboli, tanto nella strategia militare quanto nelle capacità amministrative, le milizie di Abu Bakr al-Baghdadi hanno gradualmente perso il controllo degli snodi cruciali che avevano permesso loro di espandersi su tutto il territorio iracheno, a partire da Tikrit, Fallujah e Ramadi nella seconda metà del 2015, fino a Mosul nel luglio 2017 e, pochi mesi dopo, Tal Afar e Hawija (settembre/ottobre 2017).

Dopo Mosul e Raqqa: quale Medio Oriente?

Il 17 ottobre le Forze democratiche siriane (Sdf) hanno annunciato la ripresa di Raqqa, città della Siria sulle sponde dell’Eufrate, vera e propria “capitale” dello Stato islamico (IS). Pochi mesi prima, il 9 luglio, dopo una battaglia estenuante protrattasi per oltre nove mesi, le forze irachene avevano riconquistato Mosul, simbolo e roccaforte di IS in Iraq. Il califfato arretra, ma la tensione nelle aree liberate rischia di rimanere alta.

Ora si apre la partita per il Medio Oriente post-Isis

La lotta comune allo Stato islamico avviata nel 2014 aveva momentaneamente congelato i molteplici conflitti che correvano lungo le numerose linee di faglia mediorientali. In alcuni casi, questi conflitti sono continuati sotto traccia – come ad esempio le numerose operazioni mirate israeliane contro Hezbollah – in altri casi si sono verificate convergenze che in tempi diversi non sarebbero state possibili – un esempio su tutti la collaborazione de facto tra Iran e Stati Uniti in Iraq.

Accordo sul nucleare: ecco cosa Trump vuole dall'Iran

Il Presidente Trump ha deciso di non certificare al Congresso americano il rispetto iraniano dell’accordo sul Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) siglato nel luglio del 2015 con gli altri paesi negoziatori dell’E3/EU+3 (Cina, Francia, Germania, Regno Unito, Russia, Stati Uniti e l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza).

Quel che resta del Medio Oriente

Avviso ai naviganti, agli internauti, ai disinformati, ai populisti e ai politici.

Lo scisma della mezzaluna. Sunniti e sciiti, la lotta per il potere

Il mondo islamico, che spesso tende a essere presentato come un universo monolitico, nasconde in realtà una cultura estremamente variegata ed eterogenea. L'esempio lampante è rappresentato dalla storica divisione interna tra sunniti e sciiti, le cui origini risalgono a ben 14 secoli fa, ai tempi della successione al profeta Muhammad.
Un filo rosso che ha percorso secoli, fino ad assumere, esplosivo significato nel 1979, con la rivolta islamica sciita di Khomenini in Iran. Tuttavia, più che come scontro teologico-dottrinale, fin dall'inizio tale "scisma" si è configurato soprattutto come una lotta per l'egemonia politica ed economica. Uno scontro di potere che strumentalizza il settarismo religioso e di cui le comunità sunnite e sciite sono più vittime che protagoniste. Una questione delicata e complessa che riguarda il mondo musulmano e rappresenta uno dei nodi cruciali dell'attuale scenario internazionale.. 

Focus Mediterraneo allargato n.5

Executive Summary

Il viaggio di re Salman a Mosca smuove Washington

Un accordo preliminare con la Russia (sui missili S-400) per sbloccare un’importante fornitura militare dagli Stati Uniti: Re Salman, il sovrano dell’Arabia Saudita, ha così velocizzato la vendita del sistema anti-missilistico THAAD da parte di Washington. E lo ha fatto grazie al viaggio del 5 ottobre scorso a Mosca, una delle rarissime visite di Stato dell’82enne re saudita.

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