La guerra non si ferma, anzi si intensifica. Sarà importante non abituarci alle brutture che ci si parano davanti.
In questa puntata speciale, che prescinde dalla geopolitica, dalle forze in campo, dalle alleanze, dai numeri della distruzione, Francesco Rocchetti, Segretario Generale dell'ISPI, introduce il viaggio di Silvia Boccardi, giornalista di Will, che con un'associazione che si occupa di accoglienza ha accompagnato 50 rifugiati ucraini della Polonia a Milano.
Il Consiglio Europeo di Versailles sul conflitto in Ucraina ha confermato una tendenza importante: l’attenzione crescente degli Stati a definire un interesse europeo prevalente rispetto a quelli nazionali. In sostanza, la disponibilità ad agire insieme per ridurre la vulnerabilità complessiva dell’Unione a beneficio di ciascun Paese.
Circa il 4,5% della popolazione ucraina ha lasciato il suo Paese, principalmente attraverso il confine polacco da cui, al momento, stanno passando circa 100.000 persone al giorno. Francesco Rocchetti, Segretario Generale dell'ISPI, e Silvia Boccardi, giornalista di Will che si trova vicino al confine tra Polonia e Ucraina, parlano della situazione migratoria con Matteo Villa, co-responsabile del nuovo DataLab di ISPI.
A due settimane dall’invasione russa dell’Ucraina, gli effetti della guerra sulle persone sono stati devastanti. Ai milioni di sfollati interni (un numero incerto e in continuo aggiornamento) si aggiungono i 2,3 milioni di persone che hanno già lasciato il proprio paese, quasi tutti verso l’Unione europea.
Dall’inizio dell’emergenza, molti paesi europei hanno promesso di fare “la loro parte”. In effetti, diversamente dalla crisi dei rifugiati del 2015, le frontiere europee con l’Ucraina sono sempre rimaste aperte e gli Stati Ue hanno adottato misure eccezionali per accogliere chi fugge.
Ma uno spostamento così grande e rapido di persone presenta dei costi altrettanto elevati: quelli per l’accoglienza. Se davvero i governi europei volessero “fare la loro parte”, già oggi dovrebbero mobilitare 23 miliardi di euro all’anno (più di 2,5 miliardi la sola Italia) per far fronte ai costi diretti dell’accoglienza. A oggi, tuttavia, l’Ue ha promesso solo 420 milioni di euro di nuove risorse, l’Italia circa 54 milioni.