Pochi fenomeni sono in grado di mostrare l’interdipendenza tra le economie africane come le conseguenze delle oscillazioni del corso mondiale degli idrocarburi. Negli anni Settanta come negli anni Duemila, ai periodi di boom economico esperiti dai paesi dell’Africa del Nord esportatori di gas e petrolio, come Algeria e Libia, si sono contrapposte le drammatiche carestie registrate nei paesi del Sahel e dell’Africa occidentale, largamente dipendenti dalle importazioni e privi di significative riserve valutarie.
La regione dei Grandi Laghi fa da teatro a una delle più gravi e complesse crisi migratorie in Africa subsahariana. La Repubblica Democratica del Congo (RDC), in particolare, costituisce il centro nevralgico dei flussi di mobilità che transitano nella zona, definendo un caso paradigmatico nell’analisi delle migrazioni intra-africane.
In occasione delle elezioni politiche di Maggio 2019, la questione controversa delle violenze xenofobiche in Sudafrica è riemersa con forza nel dibattito pubblico. A dare impulso al rinnovato interesse mediatico sul tema sono state le rivolte esplose a eThekwini, una delle principali città del Paese, nei confronti della popolazione straniera.
Questa quinta uscita de “Le parole dell’Europa”, serie che ISPI ha lanciato in vista delle elezioni europee, è dedicata al tema delle migrazioni. Negli ultimi anni si è assistito prima a un forte aumento e poi a una netta contrazione degli sbarchi sulle coste di diversi Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo. Di fronte all’emergenza, Istituzioni europee e Stati membri non sono riusciti a dare risposte condivise. Oggi, alla mancata solidarietà interna fa da contraltare il tentativo di “esternalizzare” la gestione del fenomeno ai Paesi terzi.
Tra alti e bassi, l’integrazione europea è riuscita a garantire una generale stabilità nelle relazioni tra i 28 Paesi membri.
L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha lanciato un concorso per le scuole superiori invitando a realizzare un video sul tema dell’accoglienza, con l’obiettivo è quello di sviluppare consapevolezza e conoscenza sul tema dei rifugiati, sensibilizzare e coinvolgere sempre di più anche i più giovani.
While human mobility is an inalienable right, it is also true that people should not be forced to migrate: it is, therefore, essential to work for development in countries of origin, of transit, and in those affected by South-South migration, particularly in Africa, from which a large part of the migratory flow comes, in order to create conditions that encourage food security, sustainable development, and resilience, involving the community, civil society, and the private sector, and addressing the complexities related to climate change.
Dopo il picco di immigrazione irregolare verso l’Europa tra il 2014 e il 2017, molti paesi dell’Europa occidentale hanno cominciato a restringere i diritti riservati ai richiedenti asilo. La Svezia ha dato un giro di vite già nel 2016. La Francia ha adottato provvedimenti restrittivi a inizio 2018.
Il Corno d’Africa esemplifica bene come la libertà di movimento non sia equamente distribuita a livello globale, ma dipenda da rapporti di potere sbilanciati, che si concretizzano nelle pratiche di rilascio del passaporto, di visti di ingresso e di uscita, a loro volta riflesse nelle modalità di attraversamento dei confini.
A poche settimane dalle elezioni dello scorso marzo, ISPI aveva provato a tratteggiare possibili linee d’azione per la politica estera italiana sul fronte migratorio.
Dal 16 settembre, il periodo di calo degli sbarchi in Italia è entrato nel suo quindicesimo mese. Lo scorso agosto in Italia sono sbarcate meno di 1.500 persone: il numero più basso per un mese estivo dal 2012, l’anno che ha preceduto l’inizio della “crisi migratoria” in Italia. E, nonostante da inizio settembre l’instabilità politica in Libia sia ulteriormente aumentata, le partenze dal paese sono rimaste comunque molto basse.
Da questa sera a Salisburgo si riuniscono i capi di Stato e di governo dei 28 paesi Ue per un Consiglio europeo informale. Fino alla scorsa settimana, l’unico tema all’ordine del giorno era quello delle migrazioni, e in particolare la questione della protezione delle frontiere esterne e della gestione dei flussi irregolari via mare. Alla luce dello stallo nei negoziati con Londra e delle continue tensioni all’interno dell’esecutivo britannico, i leader si riserveranno del tempo per parlare anche di Brexit.