A tre anni dalle cosiddette Primavere arabe, la situazione in Nord Africa e Medio Oriente, per quanto riguarda le donne, appare articolata, Lucia Sorbera dell’Università di Sydney analizza il ruolo che in questi paesi hanno avuto le proteste femmili, quali i risultati ottenuti e quali ancora le sfide che dovranno affrontare.
Per capire la portata quantomeno simbolica del riavvicinamento tra il Cairo e Mosca basta notare l'irritazione di Washington che attraverso il Dipartimento di Stato replica piccata all'endorsement di Putin alla candidatura del ministro della Difesa al Sisi alla poltrona che fu di Mubarak: «Noi non sosteniamo nessuno e non credo che, molto francamente, spetti agli Stati Uniti o al signor Putin decidere chi debba governare l'Egitto» fa sapere la portavoce Marie Harf.
A pochi giorni dalla sua approvazione, la nuova costituzione egiziana viene accolta dagli oppositori del generale al-Sisi da una serie di attentati: al Cairo questa mattina sono esplose quattro bombe, una delle quali ha deflagrato diversi piani del palazzo dove risiede il quartier generale delle forze di sicurezza.
Tornato alle urne per la sesta volta in tre anni, l’Egitto avrà tra pochi giorni una nuova Costituzione che sostituisce quella a forte impronta islamista approvata poco più di un anno fa dal deposto nonché legittimamente eletto presidente Mohammed Morsi. Ma più che sui 247 articoli messi a punto a dicembre da una Commissione di 50 membri, il referendum chiedeva l’approvazione del paese sull’operato del ministro della Difesa al-Sisi, architetto del golpe popolare dell’estate scorsa e della successiva messa al bando dei Fratelli musulmani.
L’ombra di un ennesimo uomo del destino rischia di invadere il nuovo anno mediorientale e inquinare le speranze delle sue Primavere. Abdel al-Fattah al-Sisi ha il profilo ideale del rais perfetto. Possiede l’età: per le tradizioni della regione 59 anni sono solo la giovinezza della maturità. Ha esperienza nei servizi segreti militari: elemento essenziale del cursus honorum del sistema di potere tradizionale nei paesi arabi. È un pio musulmano: una delle sue figlie porta la versione più castigata dell’hijiab. Ha consenso popolare.
Più poteri ai militari e una norma che impedisce ai partiti religiosi di presentarsi alle elezioni. La nuova Costituzione egiziana cerca di trovare un equilibrio tra i diversi poteri dello stato, attribuendo un ruolo istituzionale all’esercito e stabilendo la definitiva esclusione dei Fratelli musulmani dalla vita politica.
Il processo di transizione intrapreso all’indomani della destituzione di Morsi sembra, dal punto di vista della tutela dei diritti fondamentali, in stand-by. Sebbene il premier al-Beblawi, poco dopo l’assunzione dell’incarico, avesse incontrato il National Council for Human Rights e la Egyptian Union for Human Rights, le questioni discusse riguardavano l’economia e la promozione all’estero di un’immagine che rassicurasse i turisti, in modo da non bloccare una della principali fonti di introiti del paese.
Sparita dietro le gravi notizie che giungono da Siria e Egitto la Turchia continua a essere attraversata dalle tensioni tra oppositori e sostenitori del governo. Due nostre lettrici raccontano gli ultimi sviluppi (...)
Il 16 luglio ha giurato di fronte al presidente ad interim Adly Mansour il nuovo esecutivo egiziano guidato da Hazem al-Beblawi, un economista di fama internazionale che aveva retto per pochi mesi nel 2011 il dicastero dell’economia nel concitato periodo seguito alla caduta del regime di Hosni Mubarak.
Dovevano essere stati sconfitti dalla Fratellanza Islamica, la realtà è che non se ne sono mai andati. I militari sono rimasti anche in questi anni uno dei centri di potere in Egitto, ma hanno voluto recitare la parte degli arbitri imparziali che hanno a cuore soltanto l’interesse della nazione. Ora sono tornati a fare politica attiva, come succedeva prima dell’elezione di Morsi, ma questo non significa che l’Egitto sia tornato al passato.