Conclusosi il viaggio di Donald Trump in Medio Oriente ed Europa, negli Stati Uniti continuano ad emergere rivelazioni e accuse legate al Russia–gate, con il possibile coinvolgimento di Jared Kushner, consigliere e genero del presidente. La denuncia dei tentativi di Mosca di influenzare alcuni passaggi politici chiave nei paesi occidentali è emersa con insistenza negli ultimi mesi: non solo negli Usa, ma anche in Europa, come in occasione delle ultime elezioni presidenziali francesi.
Alla fine della guerra fredda, di cui ogni tanto riappare un’imitazione, il dovere sembrava compiuto e nel piovoso quartier generale Nato di Bruxelles si era incerti su come giocare a dadi con la propria storia.
Licenziare il personale, chiudere, cambiare ruolo? La realtà si è poi occupata di trovare le soluzioni. Altro che fine dei conflitti! La dissoluzione della Jugoslavia esplose con una violenza e crudeltà che si pensava fossero scomparse. Srebrenica e Sarajevo ne sono rimaste simboli evocatori.
Executive Summary
La politica estera della Turchia sta attraversando una fase di ridefinizione sia sul piano regionale sia nei rapporti con la Russia, da un lato, e con gli Stati Uniti e l’Unione europea, dall’altro.
L’incontro di Donald Trump con i partner dell’Alleanza Atlantica il prossimo 25 maggio cade in una fase delicata della sua presidenza. Nonostante i risultati positivi del recente vertice con il ministro degli Esteri russo Lavrov, il rinnovato dialogo fra Mosca e Washington (che della presidenza stessa avrebbe dovuto essere uno degli elementi qualificanti) pare fare fatica ad avviarsi. Di contro, i nuovi sviluppi del cosiddetto Russiagate concorrono molto a intaccare la credibilità di un Presidente il cui indice di popolarità continua a scendere.
Il ruolo della Federazione Russa all’interno dell’attuale ordine mondiale rappresenta uno dei punti interrogativi più spinosi della politica internazionale contemporanea. Tale ruolo è influenzato da due variabili fondamentali. In primo luogo, il rapporto di Mosca con l’Occidente. A questo rapporto è legata a doppio filo la persistente percezione della Russia come fattore di minaccia e fonte di potenziale instabilità politica da parte del mondo occidentale o quantomeno di una sua parte.
Tra il primo ministro ungherese Viktor Orban e Jaroslaw Kaczynski, il vero leader della Polonia, ancorché senza cariche di governo, l’intesa è forte. Si oppongono all’evoluzione federalista dell’Europa; sostengono l’esigenza del ritorno alla nazione, come comunità e spazio; contestano le élite di Bruxelles; ritengono che il prezzo sociale pagato per avere un’economia di mercato sia stato troppo alto; dicono no ai rifugiati.
The deadlocked conflict between Russia and Ukraine remains, as of Spring 2017, the most direct challenge to security in Europe and the most powerful driver of the confrontation between Russia and the West. This confrontation is significantly different from the essentially static posture of the Cold War, from the late 1940s to the late 1970s, and it is the unique nature of the Russia-Ukraine conflict that determines many of the differences.
Il ritorno allo status di grande potenza è l’orizzonte verso cui si è mossa la Russia sin dall’inizio degli anni Duemila. Per Vladimir Putin e il suo entourage il conseguimento di tale obiettivo passa, anzitutto, per il ripristino del primato di Mosca sullo Spazio post-sovietico. Le mosse successive sono la sua affermazione come attore protagonista nelle regioni che le sono prossime geograficamente – come il Medio Oriente – o a cui è legata da vincoli storico-culturali – come i Balcani.
This brief text addresses the question of how Russia’s recent actions in Ukraine – and elsewhere – have influenced debates and policies in the Nordic countries. The ambition here is to shed light on how these questions are addressed in Norway, Sweden, Denmark and Finland, the countries that for various reasons have had to redefine their policies towards Russia in the aftermath of the Ukraine crisis in 2014.
Over the last ten years, the mantra of experts and scholars highlighted the uncertain future of Afghanistan. The situation on the ground shows an ambiguous mix of instability and tentative signs of progress. To this very day, any future scenario bears the mark of uncertainty. The dynamics of the last two years, after the massive international withdrawal due to the end of the NATO-ISAF mission, are bound to recur not just in the next months but also in the next few years.
Il 9 novembre scorso, il giorno dopo la vittoria di Donald Trump, la Cancelliera Merkel, facendo gli auguri al neo-presidente, stilò una lista di valori come condizione per continuare la collaborazione transatlantica: democrazia, libertà, rispetto del diritto e della dignità umana indipendentemente dal paese di origine, dal colore della pelle, dalla religione, dal sesso e dall’orientamento sessuale.
Il discorso al Congresso (28 febbraio) del presidente Donald Trump ha riportato al centro dell’attenzione il legame transatlantico. Il tono del nuovo inquilino della Casa Bianca è apparso relativamente più in continuità con la politica estera americana degli ultimi anni. Ma non possono essere dimenticate le numerose dichiarazioni critiche nei confronti della NATO, che è stata anche definita “obsoleta”.