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Obama

Obama e l’inaspettato risveglio arabo

Quattro anni dopo l’inizio di tutte le grandi speranze che sottintendeva «Yes, we can», il conflitto fra Israele e palestinesi è esattamente al punto in cui l’aveva lasciato George Bush. Forse peggio: oggi ci sono più coloni e più avamposti israeliani nei Territori occupati palestinesi. Nel 2010 di questi giorni Barack Obama aveva annunciato che nel 2011, l’assemblea generale delle Nazioni Unite avrebbe celebrato la nascita dello Stato palestinese. Non è accaduto allora e nel 2012 nemmeno se ne parlerà.

Africa: “Yes we can” do more

Se c’è un posto al mondo in cui la vittoria di Barack Obama del 2008 è stata festeggiata tanto, persino più che nel suo quartier generale di Chicago, è stato in Africa: a Kogelo, nel villaggio natale di Obama Senior, per festeggiare l’elezione del figlio si macellò un vitello, in Kenya il giorno successivo all’elezione venne dichiarato festa nazionale.

The Middle East in the Obama-Romney Rivalry

US foreign policy towards the Middle East has generally been formed on certain fundamentals that were steadily defined and refined during the past six decades with the aim of protecting America's vital interests in the region. From this perspective, the party affiliation of the President – republican or democrat – compared to happenings in the region itself, mattered less in triggering major swings in US foreign policy towards the Middle East.

Verso le presidenziali del 2012: quanto conta Cuba?

Quanto conta la questione dei rapporti con Cuba nell'ottica delle prossime presidenziali? Probabilmente poco, per una serie di ragioni. Anzitutto vi è un problema di carattere demografico: la popolazione cubano-americana della Florida oggi rappresenta un percentuale molto inferiore a vent’anni fa; gli abitanti ispanici (ma non cubani) dello stato sono un bacino elettorale altrettanto importante, che determinò la vittoria elettorale di Obama nel2008, acui non interessa in maniera significativa l'attitudine del governo americano nei confronti dell'isola caraibica.

Usa e Russia, per il prossimo presidente la sfida non cambia

«Coesistenza pacifica» fu l’espressione che il leader sovietico Nikita Chruščëv utilizzò negli anni Cinquanta per definire lo stato delle relazioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica dopo la morte di Joseph Stalin: certamente più distese, ma ugualmente competitive e non prive di tensioni. Nel 2012, a oltre vent’anni dalla costituzione della “nuova” Federazione Russa, una condizione di com-petizione tra le due ex superpotenze perdura.

Obama deve evitare il caos e l’Islam radicale

Raramentela Libia è stata al centro della politica estera americana e molto spesso ciò è avvenuto soprattutto per dare un messaggio globale o quantomeno regionale, piuttosto che per preservare degli interessi specifici nel paese. Questa tendenza non è mutata nell’ultimo anno.

Religion and the 2012 American Presidential Election

One of the most significant but overlooked factors in American electoral politics, especially among foreign observers, is the role played by religious issues. Since the 1980s, divisions in the electorate based on levels of religious observance have become increasingly prominent in determining partisanship and vote choice – so much so that, by 2008, the political gap between religious and secular Americans had come to dwarf more widely recognized divisions.

Usa, il ruolo dei media: rivoluzione Internet 2,0

È ormai certo che Mitt Romney, ex governatore del Massachusetts, sarà lo sfidante di Barack 

Obama alle elezioni presidenziali di novembre. A essere sinceri, l’esito era già chiaro tre mesi fa, dopo le primarie del “Super Martedì” del 6 marzo. A questo punto possiamo domandarci quale sarà il tema che dominerà la campagna elettorale da qui a novembre. L’andamento della disoccupazione? Il giudizio sulla riforma sanitaria? Un tema sociale come i matrimoni tra omosessuali?

Usa, cercasi stimolo fiscale per una rielezione

Settembre 2011. L’economia statunitense è in difficoltà. Nonostante i proclami e gli sforzi istituzionali, l’attività non decolla, la disoccupazione è ferma al 9% e la saggezza popolare fa notare come nessun presidente sia mai stato rieletto con una disoccupazione così alta[1]. Pochi scommettono nel rinnovo del mandato del presidente Obama, stretto da una maggioranza traballante restia ad approvare ulteriori piani di stimolo per l’economia.

Tre handicap per Barack Obama

La corsa per la presidenza è ormai iniziata ed entrambi i contendenti, come ben abbiamo visto nella recente polemica di Obama con l’Europa, sono molti attenti a ponderare le implicazioni elettorali delle loro dichiarazioni. Stando a gran parte dei sondaggi, Obama rimane favorito, anche se di poco. E questo pone due domande: perché Obama abbia ancora le chance maggiori di rimanere alla Casa Bianca e come mai la competizione sia così aperta, molto più aperta di quanto non si pensasse solo alcuni mesi fa.

Finanziamenti elettorali: il presidente resta avanti

Alzare la voce conviene nella campagna elettorale americana. Tra i venticinque maggiori donatori singoli (“donors”) dei due sfidanti alle elezioni presidenziali del prossimo novembre solo quattro sono riconducibili all’area “liberal”, la maggioranza è invece di stampo conservatore; come riporta il Centre for Responsive Politics. I primi hanno elargito 7,5 milioni di dollari, i secondi 10 volte di più (77 milioni). Non solo.

Monti-Obama: i dossier del futuro

L’incontro alla Casa Bianca fra il presidente americano Barack Obama e il presidente del Consiglio Mario Monti nasce dall’interesse di Washington per il programma di riforme economiche in Italia, segna l’inizio di una nuova fase di rapporti fra i due alleati e al tempo stesso mette il nostro paese di fronte alla necessità di ridefinire l’interesse nazionale davanti a un quadro strategico internazionale mutato.

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