La maratona negoziale senza precedenti che ha condotto all'intesa sul Piano d’azione congiunto globale sul nucleare iraniano conclusasi a Vienna conferma che in diplomazia la professionalità e la fiducia reciproca contano e possono fare la differenza. Attraverso la faticosa trattativa è stato abbattuto un decennale muro di ostilità, creatosi in particolare tra Washington e Teheran, aprendo così la strada a possibili ulteriori convergenze.
Prima il terrorismo stragista che ha insanguinato Nord Africa Medio Oriente ed Europa, poi la questione Grexit hanno monopolizzato l’attenzione dei media internazionali, relegando in secondo piano la trattativa sul nucleare iraniano in cui sono impegnati, oltre a Teheran, i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e la Germania con l’Unione Europea.
Si è concluso giovedì 14 maggio un vertice ufficiale Usa-Gcc (Consiglio di cooperazione del Golfo) tenutosi nella prestigiosa e storica location di Camp David. Il vertice era stato annunciato dal presidente Barack Obama lo scorso 2 aprile in concomitanza con l’annuncio del raggiungimento dell’accordo-quadro sul dossier nucleare tra i P5+1 e l’Iran, quasi a sottolineare l’interconnessione dello stesso con gli sviluppi diplomatici che stanno avendo luogo nei confronti di Teheran.
La politica estera dell’amministrazione Obama ha avuto fin dal 2009 una chiara costante: il re-engagement verso la regione dell’Asia-Pacifico.
Il primo ministro giapponese Shinzo Abe sta portando il suo paese a svolgere un nuovo ruolo nel mondo. Lo ha certificato, dopo l’incontro avuto alla Casa Bianca, il presidente Barack Obama.
Domani a Washington il Presidente del Consiglio Matteo Renzi incontrerà il presidente statunitense Barack Obama. Si tratta della prima visita ufficiale di Renzi alla Casa Bianca. L’agenda dell’incontro comprenderà le relazioni bilaterali tra i due paesi ma anche una serie di questioni più ampie di politica ed economia internazionali, che includono certamente le crisi in Libia e in Ucraina, le relazioni con la Russia e l’Iran, il contrasto al terrorismo, gli impegni internazionali dell’Italia e gli accordi commerciali tra Usa ed Europa. La visita costituisce l’occasione per riflettere sul significato e sulla portata attuale dei rapporti fra Italia e Stati Uniti. Questi continuano a rappresentare una costante importante della politica estera italiana, tuttavia – nel particolare disordine del sistema internazionale attuale – appaiono sempre meno simili alla relazione consolidata dei decenni passati e sempre più somiglianti a un negoziato destinato a rinnovarsi volta per volta, che alcuni osservatori hanno già definito come "new normal".
La visita del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a Washington e il suo previsto incontro con Barack Obama offrono – al di là di quella che sarà la lista dei temi in discussione – l’occasione per riflettere sul significato e sulla portata attuale dei rapporti fra Italia e Stati Uniti, rapporti che – anche se con meno enfasi che in passato (anzi, forse proprio per questo) – continuano a rappresentare una costante importante della politica estera nazionale.
Le operazioni di sicurezza in Libia, i rapporti con la Russia, lo stato dell’Unione Europea e dell’euro, il sistema di contrappesi alla leadership economica della Germania, le spese militari e gli accordi di libero scambio nell’area transatlantica.
La situazione in Libia rimane sempre una delle priorità del governo italiano. Matteo Renzi incontrerà a Washington il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, venerdì prossimo, 17 aprile. Al centro degli incontri vi saranno certamente le crisi in Libia e in Ucraina, gli impegni in corso per contrastare lo Stato Islamico e le questioni economiche, compreso il trattato sul libero scambio tra Usa ed Europa. Ma la questione della Libia appare la più impellente.
Uno dei temi principali dell’incontro tra il presidente statunitense Barack Obama e il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi sarà certamente la crisi dell’Ucraina e le relazioni tra Occidente e Russia. L’Italia ha la necessità di elaborare un approccio condiviso nei confronti della Russia, poiché il conflitto in Ucraina ha messo in questione tutti gli sforzi diplomatici degli ultimi trent’anni per un avvicinamento tra la Russia e l’Occidente, da sempre uno dei punti focali nell’agenda della politica estera italiana.
Ha fatto bene l’Italia ad aderire prontamente alla nuova banca regionale asiatica, la Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) promossa dalla Cina e, in qualche misura, concorrente della Banca Mondiale e della Asian Development Bank (ADB) che sono supportate dagli Usa. Nell’UE l’Italia è in buona compagnia, avendo aderito anche la Germania e, addirittura, il Regno Unito, un alleato di ferro degli Usa.
Nel definire il quadro dei rapporti fra Italia e Stati Uniti, la dimensione storica risulta tradizionalmente predominante rispetto all’incidenza della figura presidenziale, da una parte e dall’altra dell’Atlantico. Questa regola empirica sembra valere anche nel caso di Giorgio Napolitano, la cui presidenza taglia trasversalmente una serie di spartiacque importanti (materiali e simbolici) del processo di ridefinizione della ‘postura esterna’ di Washington.