La progressiva avanzata del movimento sciita Houti e il conseguente disfacimento del potere yemenita possono avere un grande impatto sull’azione anti-terrorismo degli Stati Uniti in un quadrante vitale. Una crisi resa ancora più complicata dal coinvolgimento, su livelli diversi, di Arabia Saudita e Iran.
Lo European Infrastructure Consolidation (Eic), il nuovo piano di riorganizzazione delle Forze Armate americane in Europa centro-occidentale, è da ritenersi aspetto complementare di un altro piano, lo European Reassurance Initiative (Eri), annunciato dall’amministrazione Obama nel giugno scorso per rassicurare i paesi dell’Europa centro-orientale a fronte dell’annessione russa della Crimea. L’Eic, in breve, prevede la revisione della presenza militare degli Stati Uniti nell’Europa centro-occidentale in un’ottica di contenimento dei costi.
Sono bastati 45 minuti di telefonata tra Obama e Raùl Castro per cancellare 53 anni di silenzi e di negazione reciproca? È presto per dirlo, ma quanto è accaduto il 17 dicembre 2014 potrebbe effettivamente rappresentare una data storica non solo nel rapporto tra Stati Uniti e Cuba ma anche per l’intera storia delle relazioni internazionali, poiché il rapprochement tra Washington e L’Avana potrebbe mettere fine a una delle crisi più longeve dell’età contemporanea del secondo dopoguerra.
Con le dimissioni del segretario alla Difesa, Chuck Hagel, e la nomina, al suo posto, di Ashton Carter (che, tuttavia, deve ancora superare lo scoglio dell’esame congressuale), si chiude quello che, per l’amministrazione Obama, è stato l’ennesimo anno difficile.
Nella sua lunga e accidentata storia l’Afghanistan è stato raramente un paese prevedibile. Tuttavia, il prossimo futuro del paese sembra presentare un grado di imprevedibilità eccezionalmente alto. Il 2015 riceve infatti in eredità dal 2014 due novità cariche di conseguenze e povere di aspettative: il ritiro della missione Nato-Isaf e l’accordo elettorale fra il nuovo presidente Ghani e Adbullah.
Le dimissioni del segretario alla Difesa rappresentano la prima conseguenza politica dei deludenti risultati alle elezioni di mid-term e nella lotta contro l’IS. Obama ha bisogno di rilanciare la propria azione di governo e ha deciso di iniziare accettando le dimissioni di Chuck Hagel da capo del Pentagono. La rinuncia, secondo la stampa Usa, giungerebbe dopo un braccio di ferro con la Casa Bianca sulla strategia da portare avanti contro l’IS, in Iraq e soprattutto in Siria.
L’esito dell’ennesimo round di negoziati iniziato a Vienna lo scorso 18 novembre tra il P5+1 e Teheran aprirà una nuova fase per il dossier nucleare iraniano. Negli Stati Uniti – il paese con maggior peso diplomatico coinvolto nelle trattative – la questione è sentita sia a destra che a sinistra dello spectrum politico nazionale. Memore delle parole del segretario di stato, John Kerry, per cui «no deal is better than a bad deal»(1), il presidente, Barack Obama, si è recentemente mostrato prudente sulle possibilità di siglare un compromesso.
It is an interesting and intense November in international relations. The APEC Summit in Beijing has gathered the leaders of a number of countries, which represent 54% of the world Gdp; 9 of them are G-20 members. The G-20 Summit itself, taking place in Australia (15-16 November), seems to once more highlight the centrality of the Pacific region in the world economy and politics. At the region’s core, China is slowly but steadily taking the lead and asserting its own centrality.
When Presidents Barack Obama and Xi Jinping meet in Beijing this week, they will try to reverse the downward spiral in relations between their two countries. There is a growing sense that a promising partnership, one that was captured by the agreement to forge a “new type of major country relations,” has lost its momentum and threatens to run off the rails.
Il prossimo 4 novembre i cittadini statunitensi saranno chiamati alle urne per le elezioni di midterm, tradizionalmente considerate un referendum sul Presidente in carica. In palio i 435 seggi della Camera dei Rappresentanti, 36 seggi del Senato (i 33 canonici più tre per i quali sono previste elezioni suppletive), i governatori di 36 stati e 3 territori e altre cariche a livello locale. Se le elezioni alla Camera non sembrano poter riservare sorprese, si guarda con tensione alla battaglia per il Senato: una vittoria dei Repubblicani in questo campo darebbe al GOP il controllo dell’intero Congresso, aprendo un difficile scenario di coabitazione tra Presidente democratico e Congresso a maggioranza repubblicana.
Le elezioni di metà mandato (midterm elections) sono un importante momento di verifica dell’operato del Presidente degli Stati Uniti: a Novembre, infatti, i cittadini americani potranno scegliere i rappresentanti del Congresso, un terzo dei Senatori e la maggior parte dei Governatori federali. Quattro anni fa, il partito Democratico subì una pesante sconfitta elettorale(1) che portò a perdere la maggioranza in Congresso, e di fatto bloccò l’operato del governo Obama dal 2010 al 2012, mettendone a serio rischio la rielezione.