In the current moment it is not possible to consider trajectories of museums and nation-building in the Arabian Gulf without taking into account the ongoing diplomatic crisis, or blockade[1] that began on 5th June 2017. On this date, Saudi Arabia, the United Arab Emirates (UAE), Bahrain and Egypt abruptly closed their borders and cut diplomatic ties with Qatar amidst accusations that the small Gulf state supported terrorism, had become too close to Iran and was meddling with their own internal affairs.
Alliances and rivalries in the Middle East have become liquid. The proliferation of regional conflicts and a more acute sense of regime vulnerability across the region explain why realignments are more frequent and countries are able to ally on one particular front and be at odds on another one. In the past, alliances shifted but were far more consistent. Making sense of Turkey realignments is paramount to understand both the geopolitical shifts in the MENA region and tensions in transatlantic relations.
Dal giugno 2017 il Qatar è alle prese con un ripensamento delle proprie strategie di politica interna ed estera a causa dell’embargo diplomatico, economico e logistico impostogli dal cosiddetto “Quartetto arabo” (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain ed Egitto). In funzione di ciò, Doha ha provveduto a portare avanti una riorganizzazione delle proprie strutture di potere (rimpasto di governo e cambio ai vertici delle aziende di Stato).
Lo scorso lunedì, il ministro dell’energia del Qatar Saad Sherida al-Kaabi ha reso nota l’intenzione di Doha di abbandonare - a partire dal prossimo gennaio - l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (OPEC), alla quale il paese appartiene dal 1961. La decisione del Qatar è arrivata alla vigilia del vertice OPEC di giovedì e venerdì a Vienna, durante il quale i paesi membri, insieme ai principali non membri, dovranno formulare una risposta all’attuale crisi dei prezzi.
In NATO-Gulf monarchies relations, military education is the most effective vector of cooperation. Moreover, individual partnerships work definitely better than a multilateral format. For this reason, the Istanbul Cooperation Initiative (ICI), launched in 2004 as a practical cooperation framework between NATO and some Arab Gulf states (United Arab Emirates, Qatar, Bahrain and Kuwait) has showed all its limits so far, slightly changing its nature - or rather adapting - on course.
L’arretramento strategico degli Stati Uniti in Medio Oriente, sommato allo sdoganamento dell’Iran tramite l’accordo sul nucleare, ha creato grande nervosismo in Arabia Saudita. Fondamentalmente è consolidata, nella psiche saudita, la convinzione che solo la protezione di una forte potenza esterna possa fungere da reale deterrente per le mire espansionistiche dell’Iran.
L’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto e il Bahrein hanno interrotto tutti i rapporti diplomatici con il Qatar, il piccolo emirato del Golfo che proprio con l’Arabia Saudita condivide il suo unico confine terrestre. Ai quattro si sono poi aggiunti anche le Maldive, il governo della Libia orientale – sostenuto dall’Egitto e non riconosciuto dall’Onu – e infine lo Yemen, afflitto da una guerra sanguinosissima in cui proprio una coalizione a guida saudita svolge un ruolo di primo piano.
La spaccatura politica che sta andando in scena in questi giorni nel Golfo è l’ennesima riprova della fragilità delle relazioni interstatali nella Penisola arabica, un’area dal potenziale economico ancora pienamente inespresso e allo stesso tempo incapace di produrre una politica estera regionale (o addirittura internazionale) unificata che marci nella stessa direzione.
Gli avvenimenti che negli ultimi mesi hanno segnato i rapporti tra Qatar ed Egitto – l’arresto al Cairo di un giornalista di Al Jazeera, la diffusione di un documentario della stessa emittente sulle condizioni dei militari egiziani e le accuse di favoreggiamento rivolte dal governo egiziano al Qatar in ordine all’attentato alla chiesa copta del dicembre scorso – sembrano non discostarsi dal copione che vede i due paesi schierati su fronti opposti nello scacchiere mediterraneo, con Doha a sostegno della Fratellanza arci-nemica del governo di al-Sisi.
Dopo più di quattro anni di sanguinosi combattimenti e di incapacità della comunità internazionale di trovare la quadra sul conflitto siriano, in questa estate rovente, sembra si sia giunti ad una svolta decisiva. Il 2 e 3 agosto si è svolto infatti a Doha un meeting Usa-Gcc (Consiglio di cooperazione del Golfo), a cui hanno partecipato il segretario di Stato americano John Kerry, i ministri degli Esteri dei paesi arabi del Golfo membri del Gcc e il segretario generale del Gcc Abdul Latif al-Zayani.