Il partygate potrebbe costare la premiership a Boris Johnson: le sue scuse non convincono e tra i conservatori si moltiplicano le voci di chi chiede la sua testa.
Il partygate potrebbe costare la premiership a Boris Johnson: le sue scuse non convincono e tra i conservatori si moltiplicano le voci di chi chiede la sua testa.
“Take back control”: fu anche grazie a questo slogan che la campagna del leave riuscì a vincere il referendum del 2016 sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. Un risultato scioccante che ha visto la Brexit diventare realtà all’inizio del 2021.
Nuova fumata nera tra Bruxelles e Londra sull’Irlanda del Nord: inizia il count-down per quella che i giornali inglesi hanno ribattezzato la “guerra delle salsicce”.
In Scozia vincono gli indipendentisti. Per la premier Nicola Sturgeon il referendum sull’indipendenza dal Regno Unito “non è questione di se ma di quando”.
Navi militari francesi e del Regno Unito schierate nel Canale della Manica: l’escalation, durata poche ore, riflette le lacune di un accordo post-Brexit che lascia molte questioni aperte.
Dopo le inchieste sullo Xinjiang e lo stop alla CGTN nel Regno Unito, la Cina spegne la BBC per “violazione dei principi di verità e imparzialità”. La nuova guerra di proxy sulla libertà di informazione.
L’ultimo round negoziale tra il capo negoziatore dell’Unione europea, Michel Barnier, e quello britannico, David Frost, si è concluso con un nulla di fatto. Sulle trattative pesavano le tensioni delle scorse settimane dovute alla proposta del governo britannico di un nuovo Internal Market Bill che violerebbe clamorosamente l’accordo di recesso con l’Ue.
Lo spettro di una Brexit senza accordo torna ad allarmare l’Europa. Boris Johnson dà il suo ultimatum e avverte: senza un’intesa, entro metà ottobre, andremo da soli.
Anche il Regno Unito va in ‘lockdown’: da oggi e per le prossime tre settimane sarà proibito uscire di casa se non per motivi gravi o indifferibili. Chiusi i luoghi di ritrovo e le attività commerciali non essenziali per far fronte a quella che il premier Boris Johnson ha definito “un’emergenza nazionale”.
Brexit sotto l’albero. È questo il regalo di Natale che Boris Johnson ha promesso ai cittadini britannici, che voteranno a elezioni anticipate il 12 dicembre per rinnovare il parlamento, sciolto proprio dal premier uscente Johnson nella speranza di trovare una maggioranza più solida.
Per la Repubblica di Irlanda la Brexit sta avendo un effetto pari a quello di una macchina che travolge un passante: le decisioni vengono prese a Westminster, e il governo di questo paese non ha potuto far altro in questi tre anni che rispondere a ogni accadimento ribadendo la propria collocazione sotto l’ombrello dell’Unione Europea, sì, ma consapevole che nel peggiore scenario del No deal, ovvero di una uscita senza accordo, dovrà fronteggiare la realtà dei problemi, prima di tutto economici, inevitabilmente con una negoziazione diretta con il Re
Disordinata, imprevedibile e in rottura con la tradizione: la scena politica del Regno Unito assomiglia sempre più alla pettinatura di Boris Johnson, l’ex sindaco di Londra e leader della campagna per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea che tra gaffes, dichiarazioni controverse e un’attenta opera di costruzione della propria immagine pubblica è stato eletto oggi nuovo leader del Partito conservatore con il 66% dei voti degli iscritti.