Si apre oggi il 14° summit BRICS, quest’anno ospitato dalla Cina. Un meeting online, ben diverso dal tête-à-tête di febbraio tra Xi e Putin che ne ha rinsaldato l'amicizia. Ma l’obiettivo rimane lo stesso: condannare l’espansione delle “alleanze occidentali” (leggasi: NATO) e cercare di puntellare, per quanto possibile, modelli “alternativi”. Di sviluppo, di governo, di convergenze internazionali.
Con la morte di Desmond Tutu, avvenuta a Città del Capo lo scorso 26 dicembre, se n’è andato l’ultimo dei tre premi Nobel per la pace legati alla fine dell’apartheid negli anni Novanta. L’uscita di scena di Nelson Mandela, nel 2013, aveva riempito gli schermi di tutti il mondo ed era stata celebrata con un evento da stadio che aveva visto la partecipazione di un numero di leader mondiali senza paragoni negli ultimi decenni. Quella di Frederik W.
Il Sudafrica indice una settimana di lutto per la morte di Desmond Tutu, icona della lotta all’apartheid e ‘coscienza morale’ del paese.
Corsa contro il tempo per mappare la variante Omicron. Ma fino a quando non vaccineremo il mondo non potremo dirci al sicuro.
Il Sudafrica si presenta come la Cenerentola del G20. Se si considerano le dimensioni dell’economia nazionale, infatti, il paese è l’ultimo dei 19 grandi, dietro anche all’Argentina, ed è superato, oltre che da tre paesi europei esclusi dal gruppo (Spagna, Polonia e Paesi Bassi), da una mezza dozzina di stati asiatici e da due paesi africani (Nigeria e Egitto).
In Sudafrica l’arresto dell’ex presidente Jacob Zuma accende la rivolta. Militari schierati per sedare violenze e saccheggi.
Il 18 luglio, data di nascita di Nelson Mandela, ricorre il Nelson Mandela International Day o Mandela Day, giornata indetta dalle Nazioni Unite nel novembre del 2009 (Risoluzione A/RES/64/13 dell’Assemblea Generale) per ricordare cosa Mandela ha rappresentato non solo nella liberazione del Sudafrica dall’apartheid, ma in generale nella lotta alla segregazione razziale.
In occasione delle elezioni politiche di Maggio 2019, la questione controversa delle violenze xenofobiche in Sudafrica è riemersa con forza nel dibattito pubblico. A dare impulso al rinnovato interesse mediatico sul tema sono state le rivolte esplose a eThekwini, una delle principali città del Paese, nei confronti della popolazione straniera.
Sono passate già alcune settimane dalle elezioni sudafricane e dalla riconferma di Cyril Ramaphosa alla presidenza. La notizia non è fresca. Tuttavia ci ritorno, non tanto perché il nome di questo blog presuppone che prima di analizzarle, le notizie siano assimilate con una certa lentezza: in antitesi alla più diffusa fretta di masticarle senza digerire e poi buttarle nella discarica degli avvenimenti internazionali.
“Ora che abbiamo finalmente raggiunto l’emancipazione politica, ci impegniamo ad affrancare il nostro popolo dalla schiavitù ancora in essere della miseria, della privazione, della sofferenza, della discriminazione sessuale e di ogni altro genere. […] È con umiltà ed entusiasmo che ricevo l’onore e il privilegio che voi, popolo del Sudafrica, mi conferite di guidare il nostro paese fuori da questa valle oscura, in qualità di primo presidente di un Sudafrica unito, democratico e libero da discriminazioni razziali e sessuali”.
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