terrorismo | Page 17 | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Executive Education
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Executive Education
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

terrorismo

Libano: Hezbollah tra vecchie e nuove tensioni

Lo scoppio della guerra in Siria ha avuto un forte impatto sul Libano. Non soltanto per l’enorme numero di profughi (a oggi più di un milione) che si è riversato sul territorio libanese (che ha una popolazione di poco più di quattro milioni di abitanti) ma, soprattutto, per le sue ripercussioni in termini politici.

La “strana” alleanza di Gaza contro il califfo

Le tensioni emerse negli ultimi mesi tra Hamas e i gruppi locali salafiti hanno alimentato nuove speculazioni circa la possibile penetrazione politica, ideologica e militare dello Stato Islamico (IS) nella Striscia di Gaza.

Egitto: matrimonio d'interesse con Riyadh

È ancora presto per tracciare un bilancio storiografico credibile e un’analisi teorica seria delle cosiddette “primavere arabe”. Ma certamente, quando lo si farà, uno dei temi centrali da trattare sarà quello dei rapporti tra le rivolte del 2010-2012 e il contesto internazionale.

Attentato di Sousse: sfida alla transizione tunisina?

L’attentato di Sousse, località turistica tra le più rinomate in Tunisia, non giunge purtroppo inaspettato. L’attacco contro il museo del Bardo dello scorso marzo, del resto, era un chiaro segnale di come il paese sia diventato uno degli obiettivi del terrorismo di matrice islamica, proprio a causa della sua storia di relativo successo rispetto ad altri contesti interessati delle rivolte del 2011. 

“Honor is in Jihad”, il nuovo video dell’Isis sui Balcani

Il nuovo video

L’Isis ha pubblicato, tramite la propria casa di produzione Al-Hayat Media, un nuovo filmato focalizzato specificatamente sui Balcani e con un chiaro e duplice obiettivo: scuotere i musulmani balcanici per spingerli a raggiungere lo “Stato Islamico”, oppure intraprendere la jihad nei propri paesi con lo scopo di rovesciare i governi dei “miscredenti”. Nessun riferimento invece al viaggio di Papa Francesco in Bosnia dello scorso 6 giugno.

Il caso di Abdelmajid Touil: alcune considerazioni

L’arresto di Abdelmajid Touil, il cittadino marocchino accusato di aver preso parte all’attentato contro il Museo del Bardo dello scorso 18 marzo a Tunisi, porta con sé una serie di interrogativi e offre uno spunto per alcuni elementi di analisi. In prima battuta, la domanda che ci si pone con più insistenza riguarda la posizione dell’Italia nei confronti della minaccia jihadista: dopo l’arresto di martedì, siamo un Paese che si scopre più vulnerabile? La risposta è non più di prima.

L'Italia e la minaccia jihadista. Quale politica estera?

L’ascesa di IS in un vasto territorio tra Siria e Iraq e la competizione innescatasi all’interno della galassia jihadista della vecchia al-Qaida sembrano attivare dinamiche di concorrenza/coesistenza che hanno conseguenze molto rischiose per un’intera area geopolitica affetta da un’instabilità che già costituiva un terreno fertile per la proliferazione di gruppi radicali. La minaccia, che sta assumendo sempre più connotazioni di territorialità, sembra coinvolgere in particolare un vasto spazio di prossimità – che va dai Balcani sino al Maghreb – di grande interesse per l’UE e l’Italia in particolare.
Nella prima parte il Rapporto analizza la natura di questa minaccia e la sua reale portata, osservando quelle aree geopolitiche di permeabilità alla stessa in relazione agli attori locali e agli interessi italiani. Nella seconda si approfondiscono le implicazioni per la nostra politica estera e di difesa e sicurezza in senso ampio, cercando di fornire alcuni spunti di policy nell’ottica dell’azione internazionale dell’Italia.

L’escalation violenta e il rischio disintegrazione dello Yemen

Lo Yemen recente vive il suo giorno più buio. Il 20 marzo gli attacchi kamikaze coordinati contro le moschee Badr e Hashoush di Sana’a, frequentate soprattutto da sciiti zaiditi, hanno causato oltre 140 morti e 350 feriti. La strage, rivendicata da un’esordiente, e tutta da verificare, cellula yemenita dello Stato Islamico, potrebbe segnare un punto di non ritorno per la repubblica delle Penisola arabica.

Il califfato tra storia e mito

Quest'analisi ripercorre la storia di lungo periodo dell’istituto califfale, mettendo in luce gli snodi problematici che hanno accompagnato la sua evoluzione, mostrando le profonde differenze rispetto all’attuale pretesa califfale di IS. Di particolare importanza è l’evidenza posta alla relazione tra obiettivi strategici e decisione nella prospettiva del califfato di questa organizzazione.

Boko Haram stringe la mano all’IS

Il 7 marzo, attraverso un audio-messaggio pubblicato su un account Twitter, Abubakar Shekau, leader del gruppo terrorista nigeriano Boko Haram, ha rivolto una promessa di fedeltà (bayah) allo Stato Islamico (IS). La richiesta sembra essere stata accolta, poiché il 12 marzo, Mohammed al-Adnani, portavoce dell’IS, ha annunciato che Baghdadi ha accettato il patto di alleanza e sottomissione, anche se gli esperti attendono ulteriori conferme ufficiali. 

Twitter e jihad: la comunicazione dell'Isis

Social media, video, riviste digitali, radio locali, pamphlet e manifesti: Isis si è dimostrato capace di adattare la sua strategia di comunicazione per rafforzare il suo potere locale, reclutare nuovi combattenti o influenzare le opinioni pubbliche degli stati occidentali e arabi. 

Non soltanto immagini di guerra ed esecuzioni sommarie, ma anche una propaganda costante per dimostrare di controllare il territorio ed essere in grado di provvedere ai bisogni dei cittadini. 

Questo volume è il primo in Italia ad analizzare in maniera scientifica e interdisciplinare la propaganda dello Stato Islamico, grazie al contributo di ricercatori, esperti di comunicazione e giornalisti.

Lo scopo è di fornire un quadro esaustivo sul tema, combinando una puntuale disamina dei riferimenti storici e simbolici presenti nei video di Isis a un’attenta analisi delle tecniche di montaggio e post-produzione.

Infine, il volume presenta alcuni materiali provenienti dai territori controllati del sedicente califfato. Tali documenti consentono di comprendere meglio la propaganda interna allo Stato Islamico e la sua strategia per creare una narrazione del nemico che sia funzionale al proprio disegno ideologico.

Antiterrorismo dalle caratteristiche cinesi? Possibilità e limiti della SCO

Se l’Isis si avvicina all’Europa, anche a Oriente sorge qualche preoccupazione. Lo Xinjiang, regione periferica nel nord-ovest, è anche l’instabile porta della Cina verso le risorse energetiche dell’Asia centrale. Se si considera come – ad esempio – da qui provenga circa il 39,5% delle importazioni cinesi di gas (2013), non ci sarebbero fondi per energie alternative né progetti sullo shale gas che potrebbero controbilanciare un’eventuale perdita di questo apporto.

  • « prima
  • ‹ precedente
  • …
  • 13
  • 14
  • 15
  • 16
  • 17
  • 18
  • 19
  • 20
  • 21
  • …
  • seguente ›
  • ultima »

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157