Nella Repubblica turca di Cipro Nord sarà un ballottaggio a decidere il nuovo presidente. Un voto che rischia di avere conseguenze geopolitiche, mentre si riaccendono le tensioni nelle acque contese tra Turchia e Grecia.
Nella Repubblica turca di Cipro Nord sarà un ballottaggio a decidere il nuovo presidente. Un voto che rischia di avere conseguenze geopolitiche, mentre si riaccendono le tensioni nelle acque contese tra Turchia e Grecia.
I leader dei 27 si riuniscono oggi e domani a Bruxelles per un Consiglio europeo straordinario. Un incontro che doveva inviare un segnale di coesione e fermezza, soprattutto sulle questioni di politica estera, ma che rischia di inciampare in divergenze persistenti.
Dopo la fine delle misure di contenimento e la ripresa delle attività la Turchia si trova a gestire una seconda ondata di contagi da Covid-19 e una difficile situazione economica. Tuttavia, nuove chiusure non sembrano all’orizzonte in un paese che non può permettersi una nuova frenata delle attività produttive. Sul piano esterno, la pandemia di coronavirus non ha rappresentato un game changer per la politica estera della Turchia, impegnata attivamente su più fronti dal Medio Oriente, all’Africa e al Mediterraneo orientale.
Dalla gestione dei flussi di migranti e rifugiati agli interventi militari turchi in Siria e successivamente in Libia, dall’esplorazione del gas nelle contese acque che circondano l’isola di Cipro e alla definizione delle zone economiche esclusive nel Mediterraneo orientale, sono molteplici i dossier su cui Turchia e Unione Europea (UE) si sono trovate in disaccordo, se non addirittura in aperto contrasto.
Nel Mediterraneo, la Turchia di Recep Tayyip Erdogan persegue il proprio interesse. Lo fa impiegando con disinvoltura i propri strumenti d’intervento. E senza che necessariamente il suo interesse coincida con quello europeo e italiano. L’Europa ha cercato di smussare la tensione al recente vertice Med7 di Ajaccio, ma rimangono tra i suoi membri differenze tra chi minaccia sanzioni e chi rilancia il dialogo.
La tensione tra Grecia e Turchia nel Mediterraneo orientale rischia di innescare una escalation militare. La Germania prova a mediare ma Erdogan non cede: "Prenderemo quello che è nostro".
La prima preghiera collettiva nella neo-riconvertita moschea di Santa Sofia a Istanbul si tiene il 24 luglio, giorno dell’anniversario della firma del trattato di Losanna, che nel 1923 sancì la fine dell’impero ottomano e la sua sostituzione con la repubblica turca, ridefinendo dunque i confini fisici e politici della Turchia moderna.
Nuove tensioni tra Grecia e Turchia nell’Egeo Meridionale. La marina greca è in allerta per una missione turca di esplorazione energetica al largo di Kastellorizo: riparte la sfida per il gas nel Mediterraneo Orientale.
Il Medio Oriente è percorso da fortissime interdipedenze. Che lo legano ad altre regioni circostanti in un «Grande Gioco», e ne slegano gli stati formali in stati informali a dispetto dei confini. Forze che intervengono dalla storia, e dunque nel tessere la nuova trama delle relazioni regionali, fanno trasparire fili nuovi, che poi del tutto nuovi non sono. Qui il nuovo è anche vecchio, e viceversa. Non a caso gli arabi hanno il detto la giadìd tahta shams («nulla di nuovo sotto il sole»).
Nel maggio del 2020 il rilascio della cooperante italiana Silvia Romano, rapita e tenuta in ostaggio per quasi due anni dall’organizzazione terroristica al-Shabaab, ha suscitato grande interesse e forte emozione in Italia. Ad attirare l’attenzione, in particolare, sono state le circostanze dietro la sua liberazione e la modalità in cui questa è avvenuta. Sappiamo, ad esempio, che Silvia Romano si trovava in Somalia, a circa 30km dalla capitale Mogadiscio.
Per la Turchia, il paese del Mediterraneo allargato più colpito dal Covid-19 con oltre 156.000 casi di contagio, la pandemia ha fatto riapparire lo spettro di una nuova crisi valutaria ed economica dopo quella dell’agosto 2018.
Emergenza coronavirus e crisi economica costituiscono il binomio che caratterizza la Turchia in questa fase. Se il paese, il più colpito della regione del Mediterraneo allargato, si avvia verso una graduale riapertura nonostante i numeri del contagio non accennino a diminuire, le conseguenze economiche della pandemia hanno effetti pesanti su un’economia piuttosto fragile. Il rischio di una nuova crisi valutaria è concreto alla luce del crollo della valuta turca rispetto al dollaro.