Ungheria: stampa e regime
Dimissioni in massa dei giornalisti di Index.hu, una delle ultime voci indipendenti nell’Ungheria di Viktor Orban. L’opposizione protesta e scuote l’Europa: qui muore la libertà di stampa.
Dimissioni in massa dei giornalisti di Index.hu, una delle ultime voci indipendenti nell’Ungheria di Viktor Orban. L’opposizione protesta e scuote l’Europa: qui muore la libertà di stampa.
Nelle prossime ore il parlamento ungherese tornerà a esercitare le proprie funzioni. Cessano i pieni poteri di cui il primo ministro Viktor Orbán si è avvalso dalla fine di marzo, governando per decreto senza fissare limiti di tempo. Stava allo stesso Orbán scegliere quando chiudere questa finestra. Nelle scorse settimane aveva annunciato di farlo entro il 20 giugno, e così dovrebbe essere.
In un’Europa in pieno stato d’emergenza a causa della pandemia da coronavirus, i poteri governativi si sono ampliati ovunque. La situazione richiede decisioni rapide, immediate. Del resto è in corso una sfida contro il tempo per salvare vite umane e contenere il più possibile il collasso economico, che è inevitabile.
Nell’estate del 2015 l’Ungheria fu fortemente esposta alla crisi dei rifugiati lungo la rotta balcanica. Migliaia di profughi, soprattutto siriani, giunsero alla frontiera serbo-ungherese dopo aver attraversato Turchia, Grecia, Bulgaria e Macedonia. La città di confine di Subotica, in Serbia, divenne un grande parcheggio di anime alla ricerca di una via per l’Europa, e questa via era l’Ungheria.
Distratti dalle notizie su un presidente americano sempre più incompetente e un governo italiano sempre più inconclusivo, il gran ritorno di Barack Obama è passato quasi inosservato. L’ex presidente ha tenuto un lungo discorso all’università dell’Illinois.
Anche se al referendum ungherese sulle quote migranti non è stato raggiunto il quorum, il primo ministro Viktor Orbán e tutto il suo governo esprimono soddisfazione per la netta prevalenza del “no” alle urne. Per il premier è sufficiente il fatto che 3,3 milioni di ungheresi abbiano respinto la politica delle quote obbligatorie di accoglienza dei migranti. Di questo, a suo parere, Bruxelles dovrà tenere conto.