
I risultati delle primarie in Indiana forniscono a Donald Trump de facto la nomination per il Partito Repubblicano, confermando i sondaggi che lo vedevano largamente in testa. Con oltre il 53% dei consensi, il businessman newyorkese si aggiudica la vittoria nello stato del Midwest, assicurandosi quasi tutti i 57 delegati che le votazioni mettevano in palio per il Grand Old Party (GOP) e costringendo al ritiro entrambi i suoi inseguitori: sia Ted Cruz, che ha ottenuto solo il 36,7% dei consensi, sia John Kasich, Governatore dell’Ohio, che è arrivato solo al 7,5% dei voti.
"Abbiamo dato tutto quello che avevamo, ma gli americani hanno scelto un’altra via. Con il cuore pesante ma con uno sconfinato ottimismo per il futuro a lungo termine della nostra Nazione, sospendiamo la nostra campagna" ha dichiarato il Senatore del Texas dal palco di Indianapolis. “Voglio congratularmi con Ted (…) Non so se piaccio a Cruz, ma è stato un avversario tosto” ha commentato Trump, anche se nei giorni precedenti aveva attaccato pubblicamente il padre del Senatore texano per aver preso parte al complotto che nel 1963 aveva portato all’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. Cruz e Kasich, dopo aver stipulato un’alleanza anti-tycoon, non sono riusciti ad arginare l’avanzata straripante del plurimiliardario, che ora rimane senza rivali per la Convention di Cleveland in programma per il 18 luglio.
John Kasich, sebbene avesse dichiarato di voler ritirare la propria candidatura solo quando Trump avesse conquistato il quorum richiesto per la nomina automatica, nella notte ha deciso anche lui di fermare la sua corsa dopo il misero 7,5% di voti ottenuti in Indiana. Trump ha parole positive anche per lui: “Ha fatto la cosa giusta. Potrebbe essere il mio Vicepresidente e anche se non fosse selezionato per questa carica, potrebbe aiutarmi a governare in Ohio”.
Il Partito Repubblicano ha sempre cercato di ostacolare un’eventuale candidatura presidenziale di Trump, che però ora può contare sull’appoggio di 1048 delegati; la soglia dei 1237 richiesti per aggiudicarsi la candidatura automatica sembra ormai una formalità e il GOP ora deve rassegnarsi a compattarsi attorno al magnate, come emerge dalle parole del Presidente del Comitato Nazionale del Partito Repubblicano Reince Priebus: “Dobbiamo unirci e concentrarci su come battere la Clinton”. Tuttavia, molti nel GOP sono tutt’altro che disposti a concedere la loro benedizione al magnate e alcuni esponenti quali Mark Salter, ex consigliere di John McCain, o Ben Howe, direttore di RedState, si sono addirittura dichiarati pronti a sostenere la Clinton piuttosto che essere rappresentati da Trump. In queste ore sui social circolano, infatti, hashtag quali #nevertrump oppure #iamademocrat, utilizzati da molti esponenti del GOP. I prossimi appuntamenti elettorali per le primarie del GOP saranno il 10 maggio in Nebraska e West Virginia, ma i fatti di ieri hanno ormai chiuso definitivamente la partita per la nomination. La sfida principale per il tycoon però deve ancora arrivare ed è quella di ottenere la legittimazione da un partito diviso, che non lo ha mai sopportato e che sta facendo di tutto per bloccare la sua candidatura, perfino sostenendo l’acerrimo nemico.
Dal lato democratico, Bernie Sanders smentisce i sondaggi che lo davano come sconfitto e supera Hillary Clinton con il 52,5% dei voti, riducendo solo in parte un divario in termini di delegati che appare comunque ancora incolmabile (2220 per l’ex First Lady contro i 1449 del Senatore del Vermont). Ottenuta la vittoria, Sanders ha attaccato il miliardario di New York: “So che in questo paese c’è il timore che Donald Trump possa essere eletto Presidente. Sono qui per dirvi che non accadrà mai, perché in qualsiasi sondaggio nazionale emerge che noi possiamo sconfiggere Trump con un vantaggio a due cifre”.
Il voto dell’Indiana si dimostra comunque significativo per il Partito Democratico, dimostrando le difficoltà della Clinton nell'ottenere consensi da un elettorato prevalentemente bianco come quello dell’Indiana. Pur con questo passo falso, l’ex Segretario di Stato può concentrarsi sulle prossime elezioni in West Virginia (le primarie del Partito Democratico in Nebraska si sono tenute il 5 marzo) con una certa tranquillità, consapevole che la Convention democratica di Philadelphia non dovrebbe riservare sorprese. Intanto, quasi tutti gli ultimi sondaggi per le elezioni presidenziali di novembre vedono la Clinton in vantaggio su Trump, seppur di misura.
Fabio Rondini